Accertamento, riscossione e contenzioso
31 Marzo 2025
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17.03.2025, n. 7156, si è pronunciata sulla rispondenza a diritto (art. 19, c. 3 D.Lgs. 546/1992) in ordine all’impugnazione di un preavviso di fermo non preceduto dalla notifica di atti di intimazione di pagamento ex art. 50 D.P.R. 602/1973.
Il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86 D.P.R. 602/1973 è impugnabile dinnanzi al giudice tributario, in quanto atto funzionale a portare a conoscenza del contribuente una determinata pretesa tributaria, rispetto alla quale sorge l’interesse ex art 100 c.p.c. alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva, a nulla rilevando che detto preavviso non risulti esplicitamente incluso nell’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 10 D.Lgs. 546/1992, in quanto, come già rilevato dalla Cassazione (sentenza n. 27601/2018), tale elencazione va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. 448/2001.
Il preavviso di fermo amministrativo, così come il fermo stesso, dei beni mobili registrati è atto volto a portare a conoscenza del debitore la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria, ma non è inserito come tale nella sequenza procedimentale dell’espropriazione forzata, per cui il concessionario non deve provvedere alla preventiva notifica dell’avviso contenente l’intimazione a adempiere l’obbligazione risultante dal ruolo ex art. 50, c. 2 D.P.R. 602/1973, disposizione, questa, applicabile solo nel circoscritto ambito dell’esecuzione forzata (in tal senso Cass. S.U. n. 15354/2015).