Società e contratti
17 Novembre 2025
La disciplina degli artt. 2504 e 2504-bis c.c. lascia aperte questioni rilevanti sulla data di efficacia delle fusioni e scissioni, sul differimento e sui limiti della retroattività.
Volendo far dipartire l’indagine dalla fusione i relativi effetti, secondo le previsioni dell’art. 2504 c.c., si producono dalla data in cui è eseguita l’ultima delle iscrizioni in aderenza alla regola generale, valida per tutte le modifiche statutarie disposta dall’art. 2436, c. 5 c.c. Il completamento, quindi, delle forme pubblicitarie determina l’effetto costitutivo dell’operazione.
L’art. 2504, c. 2 consente, ma nel solo caso della fusione per incorporazione, che possa essere stabilita una data successiva. La versione testuale della norma interdice il differimento della fusione nel caso di fusione propria.
Tale limitazione già risalente alla disciplina anteriforma del diritto societario del 2003, trova il suo principale argomento di supporto nel passo della relazione ministeriale al D.Lgs. 16.01.1991, n. 22, richiamato e condiviso da una parte della dottrina, e che testualmente esplicita “Arduo, anche da un punto di vista logico, concepire un soggetto giuridico (la società risultante dalla fusione) esistente, in quanto la fusione è stata regolarmente stipulata e resa pubblica, ma privo di patrimonio (in quanto la fusione non ha ancor prodotto i suoi effetti) e, dunque, incapace di fungere da centro di imputazione di responsabilità”. Tale argomento, non viene però, da altra dottrina, inteso come persuasivo, in quanto ritenuto viziato di parziale considerazione, dal momento che l’effetto posdatato va inteso come plenario e relativo a tutti gli effetti della fusione, inclusa la costituzione del nuovo soggetto giuridico che, quindi, non viene ad esistere prima dell’efficacia posdatata della fusione.
In ordine alla postdatazione, altra questione controversa è se la relativa clausola debba già risultare presente nel progetto di fusione o in ogni caso approvata dai soci nella relativa delibera o possa essere ritardata su iniziativa dell’organo amministrativo nell’atto di fusione. La tesi prevalente privilegia il rimando alla discrezionalità tecnica e gestoria degli amministratori, in quanto non prevista nel contenuto necessario del progetto e della delibera di fusione.
In ordine poi alla possibile retroattività, l’art. 2504-bis, c. 3 c.c. prevede la sua limitazione ad alcuni effetti della fusione e, precisamente, ai cd. effetti reddituali e contabili per fini di semplificazione, necessari in virtù dell’inevitabile sfasamento temporale che si viene a generare tra la data del progetto di fusione e la chiusura del relativo procedimento. In dottrina sempre in ordine al tema della retroattività, si sottolinea come essa non investa l’effetto estintivo dei soggetti e neppure quello dell’unificazione dei patrimoni o ancora quello dell’annullamento delle azioni o quote delle società estinte e più in generale qualsiasi effetto che possa incidere su interessi di terzi meritevoli di tutela. Essa può investire i soli limitati effetti di cui all’art. 2501-ter, nn. 5) e 6) c.c., ossia i soli effetti reddituali e contabili in quanto relativi ad aspetti organizzativi essenzialmente interni alla società.
L’art. 2504-bis, c. 4 prevede anche regole per la redazione del primo bilancio post fusione: l’organo amministrativo risultante dalla fusione si deve limitare a recepire i valori delle poste dell’attivo e del passivo come risultanti nelle scritture contabili delle società incorporate o fuse. Tuttavia, la rigidità di tale principio non è inscalfibile, dal momento che esso può subire deroghe per effetto del rapporto di cambio e dell’annullamento delle partecipazioni già detenute dalle società incorporanti ante fusione, da cui possono derivare i cd. avanzi e disavanzi di fusione (identico fenomeno può registrarsi anche nelle scissioni).
Proprio per l’importanza delle implicazioni che tale principio raccorda con altri istituti sia fiscali che civilistici, appare importante, individuare la corretta configurazione di “primo bilancio successivo alla fusione (scissione)”. Va, quindi, ritenuto, proprio per la necessità di superare l’incongruenza contabile sopra segnalata, che, nonostante l’uso legislativo improprio di bilancio, esso va configurato come una situazione contabile di sintesi che consenta l’unificazione dei 2 soggetti anche sul piano del rendiconto contabile alla data di efficacia dell’operazione.
Le rappresentate osservazioni, anche se incentrate sulla fusione, si raccordano pienamente anche con la scissione che ricalca nel rapporto scissa/beneficiaria un’interazione contabile del tutto simile a quella del rapporto incorporata/incorporante o società fusa/risultante dalla fusione.
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