Procedure concorsuali
01 Settembre 2025
La Corte d’Appello di Genova ribadisce che l’istituto è riservato ai debitori meritevoli. Pagare solo i creditori privati e trascurare gli obblighi fiscali contrasta con questo principio
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) ha introdotto il concordato minore come strumento riservato a imprenditori sotto soglia, professionisti e imprese agricole non assoggettabili a liquidazione giudiziale.
Secondo la normativa il debitore in difficoltà può richiedere e ottenere dai creditori procedure che prevedono un piano alternativo alla liquidazione, quale la prosecuzione dell’attività (art. 74, c. 1) o, con l’apporto sufficiente di risorse esterne, la liquidazione del patrimonio (art. 74, c. 2).
Condizione imprescindibile per l’ammissione alle procedure è l’assenza di atti diretti a frodare i creditori (art. 77), poiché il concordato produce un effetto potentissimo: l’esdebitatorio.
Dal lato dei rapporti con lo Stato, la normativa prevede all’art. 80, c. 3, l’istituto del cramdown fiscale, ossia l’omologazione del piano anche con voto contrario dell’Erario, purché la proposta risulti più conveniente per le casse pubbliche rispetto alla liquidazione.
La prassi giudiziaria già in passato ha più volte evidenziato come il concordato minore sia a rischio di comportamenti abusivi, quali la simulazione di una crisi d’impresa con il solo scopo di ottenere la cancellazione dei debiti tributari trasformando il cramdown fiscale in una sorta di “condono personalizzato”.