Diritto del lavoro e legislazione sociale
30 Maggio 2025
Con sentenza n. 9544/2025, la Cassazione ha affermato che, nelle aziende con più di 15 dipendenti, l’assenza di motivazione in un licenziamento ha una valenza sostanziale, che ne determina l’illegittimità ab initio con obbligo di reintegro.
Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi sull’applicazione della reintegra di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, già oggetto di diverse pronunce, nel recente passato, anche della Corte Costituzionale.
La Corte d’Appello di Firenze, riformando la sentenza di primo grado, riscontrando la presenza di soli vizi formali nella comunicazione di licenziamento (e visto che era stata verificata una valida ragione organizzativa per il provvedimento espulsivo, pur non esplicitata), aveva stabilito che al lavoratore spettasse soltanto un risarcimento economico (art. 18, c. 6 L. 300/1970).
Sollecitati dal dipendente ricorrente, gli ermellini hanno ribaltato il principio, stabilendo che “in tema di vizi della motivazione del licenziamento, nel regime delle imprese con più di 15 dipendenti, la mancata o generica individuazione del fatto non integra una mera violazione formale, ma, poiché impedisce che si possa pervenire alla stessa identificazione del fatto, che, pertanto, dovrà essere dichiarato insussistente dal giudice, ha una ricaduta sostanziale che determina l’illegittimità originaria del licenziamento, con applicazione della reintegra attenuata di cui all’art. 18, c. 4 L. 300/1970”.