Procedure concorsuali
05 Novembre 2025
La Cassazione chiude la porta alla non punibilità ex art. 13, c. 3-ter D.Lgs. 74/2000 nei casi di debito d’imposta elevato, ma la posizione interpretativa assunta solleva più di un dubbio.
Con la sentenza 28.07.2025, n. 27644, la Corte di Cassazione ha nuovamente affrontato il delicato tema dell’omesso versamento dell’Iva e della possibilità di invocare la nuova causa di non punibilità prevista dall’art. 13, c. 3-ter D.Lgs. 74/2000.
Il caso riguardava un amministratore subentrato in una società già in forte sofferenza economica, con un ingente debito Iva maturato a partire dall’anno d’imposta 2015 e non estinto neppure nel 2016, quando il nuovo rappresentante aveva assunto la carica.
Nonostante i molteplici tentativi adottati per risanare la situazione, tra cui si collocava la vendita di immobili aziendali e la ricerca di partner operativi, la Corte ha escluso ogni valenza scriminante, fondando il rigetto del ricorso su un elemento centrale, stante nell’entità del debito Iva, che si stimava troppo elevata rispetto a quella che rappresentava la soglia penale.
Tale questione offre un interessante spunto di riflessione vertente sul significato della “tenuità” dopo la riforma del 2024. Il citato intervento legislativo ha previsto che, per i reati di omesso versamento (tra cui l’Iva), possa trovare applicazione la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. In pratica, il nuovo c. 3-ter impone al giudice una valutazione articolata, fondata non solo sull’entità dello scostamento dalla soglia, ma anche sull’avvenuto adempimento parziale o rateale del debito, sull’esistenza di un residuo in fase di estinzione, sull’eventuale stato di crisi ai sensi del Codice della crisi d’impresa.
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