Procedure concorsuali
03 Giugno 2025
Non ha diritto al compenso l’advisor che assiste il debitore nell’ambito del concordato preventivo se il Piano non è idoneo, in concreto, a superare la crisi.
Sempre più pronunce condividono la tesi secondo cui è lecito escludere il credito del professionista che assiste una società nella domanda di concordato preventivo, qualora tale procedura venga dichiarata inammissibile. La disciplina è stata puntualmente ricostruita dalla Suprema Corte nella sentenza n. 42093/2021: sulla premessa che solo il curatore è legittimato a eccepire, ai sensi degli artt. 1218 e 1460 c.c., che il prestatore d’opera intellettuale ha causalmente contribuito all’allestimento di un concordato in realtà privo della sua causa concreta, cioè inidoneo al superamento della crisi d’impresa attraverso la regolazione cui è vocata la procedura, in tal modo giustificando la non ammissione al passivo, totale o parziale, del suo credito per compensi essendosi interrotto il nesso funzionale tra prestazione professionale e procedura stessa, le Sezioni Unite hanno chiarito la disciplina dell’onere della prova.
Dunque, il curatore ha l’onere di allegare e provare l’esistenza del titolo negoziale, contestando la non corretta esecuzione della prestazione; di contro, sul professionista ricade l’onere di dimostrare l’esattezza del proprio adempimento oppure l’imputazione a fattori estranei alla sua sfera di condotta della cessazione anticipata della procedura.