Diritto del lavoro e legislazione sociale

09 Aprile 2024

Indennità sostitutiva di preavviso: non sempre è dovuta

In caso di rinuncia da parte del datore di lavoro all’attività lavorativa del lavoratore svolta in periodo di preavviso non è dovuta alcuna indennità sostitutiva o risarcitoria: a stabilirlo è la Cassazione, con ordinanza 14.03.2024, n. 6782.

Con l’ordinanza 14.03.2024, n. 6782, la Cassazione afferma che “in tema di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la rinuncia del datore di lavoro al periodo di preavviso, a fronte delle dimissioni del lavoratore, non fa sorgere il diritto di quest’ultimo al conseguimento dell’indennità sostitutiva, attesa la natura obbligatoria del preavviso”.

La decisione della Cassazione si basa sul caso di una lavoratrice che, a seguito delle dimissioni rassegnate, viene esonerata dal datore di lavoro nello svolgere il periodo di lavoro in preavviso, senza tuttavia ricevere la corrispondente indennità sostitutiva. La lavoratrice decide di ricorrere giudizialmente, chiedendo il riconoscimento dell’indennità sostitutiva del preavviso.

In prima e seconda istanza la richiesta della lavoratrice viene accolta, in funzione del fatto che il datore ha l’onere di riconoscere l’equivalente dell’importo della retribuzione che sarebbe spettata alla stessa per il periodo di preavviso, qualora decida di rinunciarvi.

Il datore di lavoro decide di impugnare la decisione, chiedendo l’intervento della Cassazione, che opera un vero e proprio ribaltamento degli usi e delle consuetudini a cui fino ad oggi eravamo tutti noi abituati: la Cassazione parte dal presupposto che l’istituto del preavviso adempie alla funzione economica di attenuare, per la parte che subisce il recesso, le conseguenze pregiudizievoli della cessazione del contratto; il preavviso ha, pertanto, efficacia obbligatoria e qualora una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva.

Al di fuori di questo contesto di legittimità, secondo i giudici la parte non recedente può liberamente rinunciare al preavviso senza riconoscere alcunché alla controparte, la quale non può vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino a termine del preavviso (essendo la parte recedente dal contratto).

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla società e decide, pertanto, che nulla è dovuto alla lavoratrice per il periodo di preavviso a cui si è rinunciato, confermato la bontà della scelta operata preliminarmente dal datore di lavoro.

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