Intimazione non impugnata? È impossibile eccepire la prescrizione

Un contribuente impugnava davanti alla Corte di giustizia tributaria un avviso di intimazione, eccependo, fra gli altri motivi, anche la prescrizione dei crediti portati dalle prodromiche cartelle di pagamento.

La controversia giungeva davanti alla Corte di Cassazione su ricorso dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, la quale rilevava che erano stati notificati, medio tempore, due avvisi d’intimazione, il primo nel 2007 e il secondo nel 2015 ma nessuno dei 2 avvisi era stato tempestivamente impugnato dal contribuente, con la conseguenza che le sottese pretese si erano ormai cristallizzate e che eventuali fatti estintivi antecedenti alla loro notifica, quali il già decorso termine di prescrizione, non potessero più essere contestati.

Nell’accogliere il ricorso dell’agente della riscossione la Corte di Cassazione ha rilevato che l’avviso di intimazione è sicuramente un atto di riscossione, successivo ad atti impositivi, che rientra nel novero di quelli indicati dall’art. 19 D.Lgs. 546/1992, e, pertanto, deve essere necessariamente impugnato.

Nel rinviare a propri precedenti, è stato ricordato che gli atti atipici recanti al contribuente la pretesa impositiva sono solo facoltativamente impugnabili, per cui non determinano la cristallizzazione della pretesa ove non impugnati, ma l’intimazione di pagamento costituisce un atto senz’altro riconducibile all’avviso di mora annoverato espressamente dall’art. 19 D.Lgs. 546/1992 (Cass. nn. 8279/2008, 1658/2013) e, pertanto, ove non impugnato si determina la cristallizzazione del credito fiscale.