Coop
17 Ottobre 2025
Nel Decreto dell’8.08.2025 e nella annessa relazione illustrativa, il Mef ha chiarito alcuni aspetti importanti ai fini dell’accesso, per le cooperative, al regime premiale; restano tuttavia alcuni punti critici legati alla necessaria destinazione a riserva di una parte rilevante dell’utile.
Come noto, tra le condizioni rilevanti ai fini dell’accesso al regime dell’Ires premiale, che consente la riduzione di 4 punti percentuali dell’aliquota d’imposta, vi è la necessità che una quota non inferiore all’80% dell’utile dell’esercizio 2024 sia accantonata ad apposita riserva, e che un ammontare non inferiore al 30% dell’utile così accantonato sia destinato all’effettuazione degli investimenti specificamente previsti dalla disposizione agevolativa.
In riferimento al settore cooperativo, si è dibattuto sulla relazione esistente tra la citata necessità di accantonamento dell’utile all’“apposita riserva” e gli obblighi imposti dal Codice Civile a tale settore, in ordine alle destinazioni obbligatorie di cui all’art. 2545-quater c.c.
Sulla questione ha fatto chiarezza il Ministero dell’Economia nel D.M. 8.08.2025, nel quale è stato stabilito che deve considerarsi accantonato ad apposita riserva tutto l’utile dell’esercizio 2024 destinato a finalità diverse dalla distribuzione ai soci in sede di approvazione del bilancio, ivi compresa la copertura delle perdite di esercizio e ciò, per quanto ulteriormente precisato dalla relazione illustrativa al decreto, a prescindere dalla disponibilità delle riserve e senza distinguere la quota parte di utile accantonata spontaneamente dalla quota parte di utile la cui destinazione a riserva deriva da una disposizione di legge o statutaria.
Sulla base di questi principi, è da ritenere che, in ambito cooperativo, possano rilevare in senso positivo, ai fini delle valutazioni da compiere ai fini dell’accesso al regime dell’Ires premiale, sia le riserve costituite dalla quota del 30% dell’utile ivi destinata per obbligo codicistico, sia le riserve alimentate da scelte volontariamente assunte dagli organi sociali della cooperativa.
Di non immediata comprensione, è invece il passaggio della relazione nel quale, a titolo di esempio, viene citata, sempre in termini positivi, la destinazione dell’utile da parte delle società cooperative “alla riserva di cui all’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601”.
Viene da chiedersi, a tal proposito, quale portata debba essere attribuita al richiamo normativo operato, posto che esso fa letteralmente riferimento alla possibilità, per le cooperative, di portare in deduzione del proprio reddito le somme ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati, quindi, in buona sostanza, ai ristorni.
Volendo escludere l’eventualità che si tratti di un refuso (ci si è chiesti se il citato richiamo normativo non dovesse essere rivolto alle riserve indivisibili di cui all’art. 12 L. 904/1977), e provando ad attribuire consistenza al passaggio della relazione illustrativa, si potrebbe ritenere che la volontà dell’estensore sia quella di non considerare come “distribuzione ai soci” (art. 4, c. 2 del decreto) l’attribuzione ad essi dei ristorni mutualistici; tale lettura (che merita senz’altro una conferma da parte dell’Agenzia delle Entrate) porterebbe, in effetti, ad equiparare ai fini del beneficio le cooperative che attribuiscono i ristorni in sede di destinazione dell’utile e le cooperative che invece stanziano detti ristorni a conto economico, in recepimento delle diverse disposizioni fissate dagli emendamenti al principio contabile 28, introdotti dal documento OIC del giugno 2022 (par. 23A e 23B).
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