Paghe e contributi
13 Ottobre 2025
L’ordinanza n. 20830/2025 della Corte di Cassazione Sez. lavoro si pronuncia sulla diffida accertativa per crediti da lavoro, ribadendo un paio di concetti degni di annotazione.
La diffida accertativa per crediti da lavoro è strumento di cui dispongono gli ispettori del lavoro per cristallizzare in un atto che gode di fede talmente privilegiata da essere, per legge, immediatamente esecutivo. Alla base del provvedimento degli ispettori si pone un credito derivante da attività lavorativa (non per forza subordinata) che abbia le caratteristiche di certezza, liquidità ed esigibilità.
Si tratta pertanto di attività di fatto ricostruttiva di tali crediti, cui l’ordinamento attribuisce particolare affidabilità, i rimedi verso la diffida accertativa sono l’impugnazione presso il direttore della sede ove opera l’ispettore procedente, oppure la richiesta di un tentativo di conciliazione monocratica, che abbia a oggetto le somme dedotte nel corpo della diffida accertativa.
Decorsi 30 giorni dalla notifica al datore di lavoro della diffida accertativa, ove questi non abbia né impugnato né chiesto la conciliazione, il provvedimento diviene definitivo e come dicevamo ha il crisma della esecutività, può essere, cioè, posto a base di atto di precetto e consente quindi di procedere direttamente all’azione del recupero delle somme.
Qui la prima precisazione della Cassazione, che rappresenta che per quanto definitivo ed esecutivo, il merito sottostante la diffida non è un giudicato inattaccabile, ma può essere rimesso in discussione in giudizio, con gli strumenti di difesa che sono propri del procedimento esecutivo, riporta testualmente l’ordinanza “la diffida accertativa, …, è atto amministrativo che è idoneo ad acquisire valore di titolo esecutivo ma non determina un passaggio in giudicato dell’accertamento in essa contenuto che può sempre essere contestato”, … Prosegue poi ribandendo comunque la natura concreta dell’atto … “salva la possibilità dell’opposizione datoriale all’esecuzione, rimedio generale previsto per contrastare tutti i titoli esecutivi, la diffida già munita di efficacia esecutiva attiene ad un diritto di credito, certo, liquido ed esigibile; diritto che anche nella sua quantificazione rispecchia i relativi fatti costitutivi come accertati in sede ispettiva”.
Altro aspetto rilevante dell’ordinanza in esame, riguarda l’origine del credito sottostante alla diffida accertativa, che non per forza deve derivare da pattuizioni collettive ma può ben essere credito da lavoro derivante da accordi individuali, anche qui vediamo per estratto e in breve l’ordinanza “presupposto cui è subordinata tale particolare diffida, infatti, è che nell’ambito dell’attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscano crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro”; e, in assenza, ancora una volta, di specificazioni o delimitazioni di sorta, la locuzione “disciplina contrattuale” ben può comprendere non solo norme collettive di qualsiasi livello, ma anche clausole del contratto individuale di lavoro.
Evidentemente la funzione deflazionistica dello strumento della diffida accertativa ha acquisito negli anni (è strumento ormai ventennale, nascendo con il D.Lgs. 124/2004) una certa credibilità anche in ambito giudiziario, per tale motivo gli ispettori del lavoro lo utilizzano veramente di sovente per agevolare la corresponsione di somme non solo palesemente dovute e non pagate (poiché per esempio presenti in busta paga) ma proprio a seguito di ricostruzioni (lavoro supplementare o straordinari, festivi, sotto inquadramento, ecc.) che vedono un impegno ricostruttivo non indifferente cui i giudici danno credito, alla stregua, dice la stessa ordinanza, di accertamento tecnico giudiziario.
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