Diritto del lavoro e legislazione sociale
23 Agosto 2025
La Corte costituzionale, con sentenza 120/2025, ha dichiarato che l’art. 2, D.P.R. 797/1955 (che vieta di riconoscere l’assegno familiare al coniuge del datore di lavoro e non anche al convivente) non è in contrasto con la Costituzione.
La vicenda trae origine “da un ricorso proposto dal titolare di un’impresa individuale contro un avviso di addebito emesso dall’INPS in relazione alla erogazione (ritenuta indebita) di assegni per il nucleo familiare (ANF) riconosciuti ad una lavoratrice subordinata, sua convivente more uxorio, risultando a carico i figli nati dalla relazione”.
L’Inps prospetta un’interpretazione estensiva dell’art. 2 D.P.R. 797/1955 (che stabilisce che gli assegni familiari non spettino, fra gli altri, al coniuge del datore di lavoro), “in quanto anche in caso di convivenza more uxorio verrebbe meno la «presunzione di bisogno» alla base del diritto”; la norma, inoltre, avrebbe la finalità di impedire che la misura di sostegno in favore del nucleo familiare si traduca in una forma di “autofinanziamento per il datore”; sempre l’Inps richiama “l’evoluzione giurisprudenziale tesa a valorizzare la situazione della convivenza di fatto nell’ambito della quale i conviventi sono reciprocamente impegnati nell’adempiere agli obblighi di assistenza a favore dei figli”.
Il datore di lavoro controparte, invece, sostiene che “la convivente more uxorio non possa essere equiparata al coniuge, in virtù dell’art. 14 delle disposizioni preliminari al Codice civile, che vieta l’applicazione delle norme eccezionali a casi analoghi”, ritenendo di non poter dare quindi un’interpretazione estensiva al citato art. 2 del D.P.R. 797/1955.