IVA
16 Maggio 2025
Secondo l’Agenzia delle Entrate, un libero professionista non può morire. Può farlo solo dopo aver emesso tutte le fatture relative alle prestazioni svolte, comprese quelle non ancora incassate o che forse non incasserà mai.
Questa situazione, piuttosto paradossale, è il risultato sintetico della risposta dell’Agenzia delle Entrate all’interpello 22.04.2025, n. 118, che ha di fatto sancito una sorta di immortalità fiscale della partita Iva di un professionista che, nel caso di specie, era deceduto da oltre 10 anni. Nel documento in commento si legge testualmente: “Il professionista che non svolge più l’attività professionale non può estinguere la partita Iva in presenza di corrispettivi per prestazioni rese in tale ambito ancora da fatturare nei confronti dei propri clienti”.
Già da queste prime righe sembra che all’Amministrazione Finanziaria sia sfuggito un piccolo dettaglio: l’interruzione dell’attività professionale è dovuta alla morte del contribuente e non a una sua scelta volontaria.
Il parere dell’Agenzia non manca comunque di riferimenti normativi, di precedenti di prassi amministrativa e di richiami alla giurisprudenza tributaria della suprema corte. Dal punto di vista strettamente giuridico-tributario, infatti, nulla da eccepire. Ma da un punto di vista più pratico e sostanziale, è difficile sostenere che, anche dopo il decesso, il contribuente debba adempiere agli obblighi fiscali tramite i propri eredi, magari molti anni dopo la sua scomparsa.