Diritto del lavoro e legislazione sociale
25 Settembre 2023
Il lavoratore ha diritto alla pausa, il datore ad organizzare l’azienda. Occorre regolamentare questi diritti fondamentali come salute/benessere/efficienza per il lavoratore e organizzazione/produttività per l’azienda.
L’art. 8 D.Lgs. 66/2003 ha previsto al c. 1 un “intervallo pausa” solo nel caso in cui l’orario di lavoro ecceda il limite di 6 ore, per il recupero delle energie psicofisiche, per la consumazione del pasto e per attenuare la monotonia e la ripetitività delle mansioni; al c. 2 rinvia la disciplina alla contrattazione collettiva in assenza della quale dispone che la pausa deve avere durata non inferiore a 10 minuti tra l’inizio e la fine di ogni periodo di lavoro giornaliero tenendo conto delle esigenze produttive. Il c. 3 precisa che la pausa non rientra né nell’orario di lavoro né nel periodo di riposo giornaliero; essendo periodo di non lavoro, non è retribuita salvo casi di forza maggiore e non può essere sostituita da indennità economiche.
Occorre anzitutto rispettare le previsioni del proprio Ccnl; i Ccnl prevedono in genere diverse tipologie di pause, di diversa durata in base all’orario di lavoro, per particolari mansioni o uso di strumentazione o macchinari. Inoltre, gli accordi aziendali sottoscritti in sede sindacale (art. 17, c. 1 D.Lgs. 66/2003) possono anche derogare le disposizioni di legge.
Come considerazione conclusiva, evidenziamo che la pausa aiuta il lavoratore a ridurre lo stress fisico-mentale, tutela la salute, aiuta a concentrarsi, a rapportarsi e migliorare i rapporti con i colleghi, ad avere un buon umore, mentre l’azienda riceve maggiore efficienza e produttività. Quindi regolamentare la pausa significa raggiungere reciproci benefici.
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