Diritto del lavoro e legislazione sociale
07 Marzo 2025
La Cassazione ha affermato che l’imprenditore non può licenziare un lavoratore disabile che ha rifiutato una sede pregiudizievole per la propria disabilità, senza aver verificato la possibilità di una differente soluzione organizzativa.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30080/2024 pubblicata in data 12.02.2025, si è pronunciata sulla sentenza della Corte d’Appello di Bologna che confermava la legittimità del licenziamento di un dipendente con disabilità, malato oncologico, che si era rifiutato di riprendere il lavoro, dopo aver esaurito il periodo di comporto, in una sede ritenuta pregiudizievole per la propria situazione e che si era visto negare la richiesta di svolgere le proprie mansioni in un altro sito più funzionale per proseguire le proprie terapie.
La corte territoriale, per di più, oltre a trascurare la disponibilità del lavoratore ad accettare anche un demansionamento, ha sostenuto che sarebbe stato onere dello stesso “dimostrare non solo il proprio diritto ad altra sede di lavoro, ma anche l’impossibilità di prendere servizio” in quella assegnata.
La Cassazione, chiarendo subito che tale assunto non è conforme allo statuto di speciale protezione che l’ordinamento interno e comunitario stabilisce per le persone con disabilità, ha richiamato l’art. 3 D.Lgs. 216/2003 (come modificato dalla L. 99/2013) che stabilisce che, “al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro, per garantire ad esse la piena eguaglianza con gli altri lavoratori”.