Diritto del lavoro e legislazione sociale
01 Agosto 2025
I precedenti disciplinari, anche se non utilizzabili ai fini della recidiva per il decorso del termine ex art. 7, c. 8, Statuto dei Lavoratori, possono essere considerati dal giudice per valutare la personalità complessiva del dipendente.
Con l’ordinanza 24.07.2025, n. 21103, la Corte di Cassazione, Sez. Lav. è tornata a occuparsi dei delicati rapporti tra precedenti disciplinari e valutazione della giusta causa di licenziamento, offrendo importanti chiarimenti sulla distinzione tra applicazione dell’art. 7, c. 8 dello Statuto dei Lavoratori e discrezionalità valutativa del giudice di merito. La pronuncia, rigettando il ricorso proposto da una lavoratrice licenziata per insubordinazione e ingiuria, delinea i confini entro cui i precedenti comportamenti del dipendente possono essere considerati per valutarne la personalità e l’idoneità alla prosecuzione del rapporto di lavoro. La controversia traeva origine dal licenziamento di una lavoratrice che si era rivolta al proprio superiore gerarchico con un epiteto volgare, rifiutandosi contestualmente di adempiere a una direttiva impartita, il tutto alla presenza di una collega.
La Corte d’Appello, ribaltando la decisione di primo grado, aveva ritenuto legittimo il recesso datoriale, qualificando la condotta come grave insubordinazione ai sensi del Ccnl applicabile e considerando altresì un precedente disciplinare del 2016 come indicativo della “facilità con la quale la dipendente trascendeva nell’uso di toni e termini chiaramente offensivi”. Il punto centrale dell’ordinanza risiede nella distinzione operata tra l’applicazione dell’art. 7, c. 8 dello Statuto dei Lavoratori, che impedisce di tenere conto ai fini della recidiva di fatti per i quali siano decorsi 2 anni dall’applicazione della sanzione disciplinare, e la diversa valutazione che il giudice di merito può compiere della personalità complessiva del lavoratore.