Accertamento, riscossione e contenzioso
08 Settembre 2025
Proprio in ordine alla (diabolica) prova contraria della distribuzione degli utili extra bilancio che la Cassazione in maniera inopinata insiste a riversare sul socio della cd. società a ristretta base sociale, viene talora chiesto l’uso processuale della testimonianza scritta.
L’obiettivo perseguito dal legislatore con lo strumento della testimonianza scritta è quello di tendere a uniformare i giudizi processuali e, nel contempo, di rafforzare il principio del contraddittorio tra Amministrazione Finanziaria e contribuente. Proprio alla luce di tali obiettivi la locuzione “necessaria ai fini della decisione” non può che raccordarsi al senso proposto in Dottrina di ritenere ammissibile la prova testimoniale ogniqualvolta risulti rilevante ai fini della decisione. La giurisprudenza di merito (C.G.T. Lazio n. 800/2023, C.G.T. Toscana n. 522/2023) che assume la prova testimoniale come prova straordinaria/eccezionale, si fonda sull’assunto del tutto sbagliato di ritenere corretta, in ordine alla ratio, la similitudine del termine “necessità” con quello tracciato dalla dottrina e dalla giurisprudenza a proposito dell’art. 58 D.Lgs. 546/1992, a mente del quale il Giudice dell’appello non può ammettere nuove prove “salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione”.
La similitudine non è in alcun modo concepibile dal momento che nell’ambito dell’art. 58 la necessità del nuovo mezzo di prova deriva dall’avvertita e condivisa opportunità di impedire che le parti riservino indebitamente al giudizio di secondo grado facoltà processuali già agevolmente esperibili nel grado introduttivo del processo.