Accertamento, riscossione e contenzioso

05 Marzo 2025

Limitazioni dell’illecito fiscale del professionista

La responsabilità del consulente scatta solo se egli consegue benefici che vadano ben oltre il corrispettivo della propria prestazione. Così si è espressa la Corte di Cassazione, con sentenza 28.08.2024, n. 23229.

Vicenda processuale – La controversia trae origine da un accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate eseguito a carico di vari soggetti, e alcune società cooperative, appositamente costituite per conseguire vantaggi economici a mezzo di condotte illecite, sul piano fiscale e contributivo, nello specifico mediante reclutamento di manodopera e un giro di fatture per operazioni inesistenti.

Nella ricostruzione dell’organizzazione e delle azioni compiute dai promotori e amministratori, anche di fatto, delle società, i verificatori avevano evidenziato il fattivo affiancamento di professionisti, dotati di competenze specifiche e funzionali, quali commercialisti, consulenti del lavoro e società di elaborazione dati.

In funzione dell’ipotizzato perseguimento di finalità fraudolente, l’Agenzia delle Entrate applicava nei confronti dei consulenti la sanzione prevista dall’art. 9 D.Lgs. 18.12.1997, n. 472. A seguito del ricorso presentato da uno dei professionisti la C.T.P. di Milano, con sentenza n. 5747/15/2018, confermava le risultanze degli atti impositivi; pronuncia che veniva ribaltata in appello alla C.T.R. della Lombardia, che con sentenza n. 4703/06/2021, annullava gli atti sanzionatori in capo al consulente. L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione.

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