Accertamento, riscossione e contenzioso
30 Luglio 2025
Il principio di responsabilità dei liquidatori rafforza la correttezza fiscale e tutela i creditori erariali, senza criminalizzare la funzione.
Nel complicato scenario della cessazione di una società, la posizione del liquidatore si rivela sempre più cruciale, anche sotto il profilo tributario.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 2746/2024 si inserisce in modo coerente nel filone interpretativo che definisce con precisione l’ambito della responsabilità personale del liquidatore per i debiti fiscali della società estinta, ai sensi degli artt. 36 D.P.R. 602/1973 e 36 D.P.R. 600/1973. Il principio espresso è chiaro e pienamente condivisibile: il liquidatore risponde nei limiti del patrimonio della società liquidata, ma è gravato dall’onere di dimostrare che i crediti erariali sono stati regolarmente soddisfatti o, quantomeno, che non vi erano risorse sufficienti per soddisfarli prioritariamente rispetto ad altri creditori. Mancando una siffatta dimostrazione, la responsabilità si estende nei suoi confronti in quanto custode e gestore finale del patrimonio sociale.
L’importanza di condividere questa impostazione non è solo teorica, ma eminentemente pratica: il principio tutela la parità tra creditori e impedisce che il Fisco venga sacrificato in favore di posizioni più comode o prossime, come quelle dei soci. Stabilire che i debiti tributari non possono essere trascurati nella fase terminale della società è un argine fondamentale contro condotte elusive o irresponsabili. In un siffatto contesto, la responsabilità tributaria si configura come uno strumento equilibrato: non punitivo, ma preventivo e razionale, volto a garantire che la fase liquidatoria non diventi una zona franca in cui si appannano in un certo senso quelli che sono gli obblighi pubblicistici.