IVA

30 Luglio 2018

Lo split payment permane per agenti, mediatori e procacciatori

<div>Con il Decreto Dignità si torna all'antico con i professionisti che dal 15.07.2018 non dovranno più applicare la scissione dei pagamenti per le prestazioni eseguite nei confronti della Pubblica Amministrazione. Masticano amaro, invece, queste tre categorie che continueranno ad applicare la disciplina, pur essendo soggette a ritenuta.</div>

Con la pubblicazione del D.L. 12.07.2018, n. 87 nella Gazzetta Ufficiale del giorno seguente, a talune prestazioni di servizi, soggette a ritenuta d’acconto, non è più applicabile la disciplina della “scissione dei pagamenti (“split payment”), di cui all’art. 17-ter D.P.R. 633/1972.

L’intervento legislativo reintroduce, dopo il comma 1-quinquies e al posto del soppresso art. 17-ter, c. 2 D.P.R. 633/1972, abrogato dalla lettera c), comma 1, D.L. 50/2017, convertito dalla Legge 96/2017, il seguente periodo (1-sexies): “Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle prestazioni di servizi (…) i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo d’imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto di cui all’articolo 25 D.P.R. 600/1973”.
Dunque, i professionisti escono da un regime secondo cui, nell’ambito delle prestazioni eseguite nei confronti della Pubblica Amministrazione, si vedevano non pagata l’Iva, giacché era sull’ente che ricadeva l’obbligo di versamento, con le modalità degli artt. 4 e 5 D.M. 23.01.2015.
È noto che i compensi dei professionisti sono assoggettati a ritenuta d’acconto, ai sensi dell’art. 25, c. 1 D.P.R. 600/1973, con riferimento ai compensi di lavoro autonomo percepiti; il richiamo espresso all’art. 25 D.P.R. 600/1973, a cura dell’art. 12 del decreto in commento, mantiene l’applicazione del regime sulle provvigioni inerenti per i rapporti di commissione, mediazione, rappresentanza e procacciamento d’affari, soggette alla ritenuta, ma dell’art. 25-bis del medesimo decreto.
Le nuove disposizioni, inoltre, si rendono applicabili alle prestazioni per le quali la fattura è emessa successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento ovvero a partire dalle fatture emesse verso la Pubblica Amministrazione dal 15.07.2018.
In caso di modifica delle fatture precedentemente emesse, in presenza di una variazione in aumento, si rende applicabile la nuova disciplina, anche se la fattura era stata emessa con il meccanismo revocato, ai sensi dell’art. 26 D.P.R. 633/1972; al contrario, in caso di variazione in diminuzione, si rende necessario applicare le regole con le quali la fattura iniziale è stata emessa (Ag. Entrate, circ. 15/E/2015).
Si evidenzia, inoltre, che la nota di variazione potrebbe essere emessa anche a distanza di anni e che l’emissione della nota di variazione della precedente fattura deve essere emessa con l’indicazione della fattura da rettificare e dell’ammontare oggetto di rettifica, ma è altrettanto evidente che i professionisti operano con il “regime di cassa” e che solo ad avvenuto pagamento, quindi a conclusione dell’iter relativo alla prestazione compreso l’incasso, dovrebbero emettere la fattura definitiva, tenendo conto di quanto incassato. A ogni buon conto, il committente soggetto al regime dell’inversione contabile, al ricevimento della nota di variazione, dovrà procedere correttamente ad annotarla nel registro delle vendite o eseguendo il versamento diretto del tributo, anche in questo caso se la prestazione è stata eseguita nell’ambito di un’attività commerciale (e quindi d’impresa). Al contrario, se la prestazione subita è stata eseguita nell’ambito delle attività istituzionali, quindi al di fuori del regime d’impresa, il committente potrà utilizzare il maggior versamento in abbattimento dei successivi versamenti, nell’ambito del regime in commento.

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