Paghe e contributi
18 Giugno 2025
Una guida alle soluzioni normative e strategiche per non compromettere la pensione, anche in caso di reimpiego con reddito inferiore.
Essere licenziati a pochi anni dalla pensione è una delle situazioni più complesse e delicate che un manager possa affrontare. Da un lato ci si trova con una carriera ormai conclusa, spesso con retribuzioni elevate che hanno costruito negli anni una pensione potenzialmente dignitosa; dall’altro si rischia, nel giro di poco tempo, di compromettere proprio quell’assegno che sembrava ormai assicurato. Eppure, non sempre tutto è perduto: a seconda delle scelte aziendali e delle strategie del lavoratore, è possibile arrivare comunque al pensionamento limitando i danni economici.
Quando l’azienda “accompagna” il manager alla pensione – Nei casi migliori, l’azienda decide di attivare strumenti di accompagnamento alla pensione, come l’isopensione (art. 4 L. 92/2012) o l’assegno straordinario previsto dai fondi bilaterali di solidarietà (D.Lgs. 148/2015). Tali misure consentono, entro limiti precisi, di anticipare l’uscita fino a 7 anni (5 anni per l’assegno straordinario) rispetto alla prima pensione utile.
Il grande vantaggio? Il manager riceve un importo mensile che, nel caso dell’isopensione, è pari alla pensione maturata al momento dell’uscita; nel caso dell’assegno straordinario, invece, l’importo è più vicino alla futura pensione, e per di più può essere garantito dall’azienda un importo aggiuntivo, pari a una percentuale dell’ultima RAL.