Società e contratti
07 Aprile 2025
La normativa italiana ha recepito la direttiva europea del 2016 in materia di protezione delle informazioni commerciali riservate modificando anche il Codice della proprietà industriale del 2005.
La definizione di “segreto commerciale”, nel nostro ordinamento, è data dall’art. 98 D.Lgs. 10.02.2005, n. 30, il Codice della proprietà industriale. Secondo l’art. 98, nella versione odierna risultante dalle modifiche apportate dal D.Lgs. 11.05.2018, n. 63 di attuazione della Direttiva (UE) 2016/943 dell’8.06.2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti, “per segreti commerciali si intendono le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni:
a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore;
b) abbiano valore economico in quanto segrete;
c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete”.
Avuto riguardo al punto c) assume evidentemente un’importanza fondamentale, al fine di configurare come tali i segreti commerciali e offrire loro la tutela prevista dalla legge, che i detentori di tali segreti adottino misure di sicurezza adeguate.
Tra le forme e le iniziative di protezione dei segreti commerciali da appropriazioni indebite si è soliti ricorrere agli accordi di non divulgazione, o di riservatezza (NDA, non disclosure agreements) che dovrebbero garantire che le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali rivelate nel corso di accordi tra imprese rimangano segrete e non vengano divulgate a terzi, secondo i termini e le condizioni che prevedono anche le penali in caso di violazione delle intese sottoscritte.
Frequenti sono anche i patti di non concorrenza, previsti pure dall’art. 2125 c.c., con i quali si limita lo svolgimento dell’attività dei prestatori di lavoro (dipendenti, consulenti, ecc.), per il tempo successivo alla cessazione del contratto.
Ancora, e di particolare attualità, la realizzazione di una solida struttura di sicurezza informatica di nuova generazione, a protezione degli assets aziendali e della continuità operativa aziendale dagli attacchi che diventano ogni giorno sempre più sofisticati.
In tutti i casi è opportuno che una dotazione “minima” di misure di sicurezza sui segreti commerciali venga adottata attraverso alcune ragionevoli pratiche quali:
– la protezione dei documenti, nei quali le informazioni vengano già contrassegnate come “riservate”;
– un limite all’accesso alle informazioni contenenti i segreti da proteggere attraverso sbarramenti sia di tipo fisico, sia tecnologico;
– il perseguimento di una cultura aziendale che veda dipendenti e collaboratori costituire il primo argine alla perdita di dati e documenti.
Saranno infatti le misure di sicurezza, logiche, fisiche e organizzative, correttamente attuate e documentate, che serviranno a far valere i propri diritti nel contenzioso, anche nella sede penale, che si aprisse a seguito della violazione dei segreti, ai fini di poter sostenere la colpa o il dolo del soggetto agente.