Accertamento, riscossione e contenzioso
16 Settembre 2025
La motivazione dell’atto impositivo vincola l’Amministrazione e non può essere modificata in giudizio, neppure a seguito di riqualificazione giuridica dei fatti, a tutela del diritto di difesa e del divieto di mutatio libelli.
Nel processo tributario, la riqualificazione giuridica dei fatti operata dal giudice non legittima l’Amministrazione Finanziaria a modificare, integrare o estendere in corso di causa le ragioni poste a fondamento dell’atto impositivo. Qualsiasi variazione della motivazione, anche se sollecitata dall’inquadramento giuridico adottato in sede giudiziale, è preclusa dal principio dell’immutabilità dell’atto e dal divieto, sancito dall’art. 57 D.Lgs. 546/1992, di mutatio libelli, a tutela del diritto di difesa del contribuente e della natura impugnatoria del giudizio tributario.
Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 9.09.2025, n. 24881, l’Agenzia delle Entrate notificava a una società un avviso di accertamento con il quale contestava, in relazione ad alcune operazioni immobiliari, la mancata dichiarazione di ricavi e l’indebita deduzione di costi. Il contenuto dell’atto impositivo era chiaramente orientato a qualificare l’operazione come una vendita in nero. Tuttavia, nel corso del giudizio di merito, i giudici riqualificavano la natura dell’operazione in termini di permuta, ritenendo che le prestazioni oggetto del contratto presentassero caratteri bilaterali e sinallagmatici tipici della permuta immobiliare. Sulla base di questa riqualificazione, in sede di legittimità l’Ufficio eccepiva per la prima volta l’omesso assoggettamento a Iva separata delle 2 prestazioni permutative.
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