Società e contratti
20 Giugno 2025
Nelle STP i soci professionisti devono avere il controllo dei 2/3 delle decisioni. Non è necessario che detengano anche i 2/3 del capitale sociale, purché tramite patti o statuto conservino la maggioranza dei voti e l'indirizzo strategico della società.
L’art. 10, c. 4, lett. b) L. 12.11.2011, n. 183 prevede che nelle società tra professionisti il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di 2/3 nelle deliberazioni o decisioni dei soci. Il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e qualora non venga ripristinata la suddetta prevalenza nel termine perentorio di 6 mesi, il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della medesima dall’albo. La chiara ratio della norma, come peraltro traspare della sua versione letterale, risulta essere quella di limitare la possibilità per i soci diversi dai professionisti (e, quindi, i soci per finalità di investimento o per prestazioni tecniche) di influire sulle scelte strategiche della società.
La controversia accesasi sin dall’entrata in vigore della disciplina riguarda la questione se oltre alla necessità che ai soci professionisti spettino i 2/3 dei voti, occorra anche che la società sia partecipata per almeno 2/3 da professionisti. Il dubbio deriva dal fatto che i requisiti previsti dall’art. 10, c. 4, lett. b) L. 183/2011 riguardano 3 differenti criteri: quello capitario (numero dei soci), quello finanziario (partecipazione al capitale) e quello organizzativo (diritto di voto).