Agricoltura ed economia verde

26 Settembre 2025

Nuova legge sulle zone montane

Dopo oltre 30 anni l’Italia approva la “Legge Montagna”: valorizza i territori d’altura, contrasta spopolamento e ritardi infrastrutturali, ma restano dubbi su risorse, tempi e coordinamento istituzionale.

Dopo più di trent’anni, l’Italia ha finalmente varato un nuovo quadro normativo dedicato alle aree montane. Il 10.09.2025 il Parlamento ha dato il via libera alla legge per il riconoscimento e la valorizzazione dei territori d’altura, noto come “Legge Montagna”. Si tratta del primo provvedimento organico che rivede e aggiorna la normativa del 1994.

Questo intervento legislativo nasce dall’esigenza di dare risposte concrete alle criticità che da tempo segnano la vita delle comunità montane: lo spopolamento, la difficoltà di garantire servizi essenziali, la necessità di tutelare e mantenere il territorio, i rischi legati al dissesto idrogeologico e il ritardo nelle infrastrutture digitali e di trasporto.

La nuova normativa per le aree montane si propone diversi obiettivi di ampio respiro.

In primo luogo, mira a riconoscere e valorizzare i territori d’altura insieme alle comunità che vi risiedono, rafforzandone il ruolo e l’identità.

Un altro asse portante è il sostegno a uno sviluppo economico e sociale equilibrato, capace di coniugare protezione dell’ambiente, tutela del paesaggio e della biodiversità, uso responsabile delle risorse naturali e salvaguardia del patrimonio culturale delle popolazioni locali.

La legge punta anche a contrastare lo spopolamento e gli effetti dei cambiamenti climatici, introducendo misure per stabilizzare la presenza umana, incentivare il ritorno di nuovi abitanti e garantire diritti e servizi anche nelle zone più isolate.

Infine, viene dato rilievo al potenziamento dell’accesso ai servizi fondamentali (sanità, istruzione, mobilità, connessioni digitali e opportunità culturali) per colmare il divario con le aree urbane.

Nonostante le buone intenzioni, ci sono diversi punti che rischiano di renderla meno efficace se non ben applicata:

 decreti attuativi. Sono previsti molti decreti e linee guida che dovranno precisare criteri e modalità (classificazione dei Comuni, punteggi, modalità operative). Il rischio è che questo rallenti molto l’entrata effettiva in vigore delle misure;

– dotazione finanziaria forse insufficiente. Sebbene il finanziamento annuale sia significativo, alcuni ritengono che i 200 milioni di euro all’anno non bastino per le reali necessità delle terre alte, specie in Regioni con forte spopolamento o con grandi criticità infrastrutturali;

– coordinamento tra livelli istituzionali. Stato, Regioni, Province autonome e Comuni devono cooperare efficacemente, soprattutto perché molte competenze restano regionali o comunali. La legge spesso richiama questa ripartizione;

– tempi di attuazione. Misure come la classificazione dei Comuni, il registro dei terreni silenti, incentivi specifici, richiedono attuazioni rapide per non far perdere slancio alla norma. Se restano solo “su carta”, potranno essere percepite come insufficienti;

– rischio di disuguaglianze territoriali. Zone montane con risorse già più ampie o con maggiore capacità amministrativa potrebbero beneficiare di più rispetto a territori più marginali che hanno meno risorse umane e organizzative;

– adattamento climatico e resilienza. Alcuni critici segnalano che questa legge fa bene a includere la tutela ambientale, ma dispone di misure ancora non sufficientemente dettagliate per fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico (dissesto idrogeologico, rischio frane, ecc.).

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