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15 Maggio 2025

Onboarding in studio: come inserire i nuovi collaboratori

Come strutturare l'inserimento di nuovi collaboratori per accelerare la curva di apprendimento e creare le migliori condizioni di crescita.

La scena che più di frequente ha accompagnato l’ingresso di un nuovo collaboratore in studio è quella dei colleghi che continuano le proprie attività frenetiche, il nuovo entrato che non sa dove sedersi, cosa fare e spesso non ha ancora un proprio pc e la posta elettronica. Frettolosamente viene presentato, perché nessuno ha tempo, poi ciascuno si dedica alle proprie attività e il nuovo entrato si trova abbandonato a sé stesso, magari con un primo incarico poco chiaro e nessun punto di riferimento a cui chiedere. È vero che le cose negli ultimi anni sono cambiate, ma ancora molte realtà presentano questi tratti e in passato era questa la regola. Se volessimo sintetizzarla in una frase: veniva buttato in acqua e poi stava a lui o lei imparare a nuotare tra le onde della giornata, richieste di clienti, nuove prassi di studio.

Nel tempo la situazione è mutata sia perché le nuove generazioni mal tollerano questo approccio, per cui facilmente danno forfait e lasciano lo studio per altre esperienze, sia perché si è capito che così facendo si allungano i tempi di inserimento, si apprendono tutti i difetti dello studio e la motivazione iniziale velocemente cala. Vediamo, allora, come può essere gestita questa fase in modo molto più efficace.

Onboarding come investimento (non come problema) – Un processo di onboarding ben organizzato non è un fatto di “gentilezza”, ma un investimento strategico. La curva di apprendimento può essere accelerata attraverso processi strutturati, invece che rallentata da un approccio del tipo “arrangiati e impara”. Le neuroscienze ci offrono una chiave illuminante: le prime impressioni si fissano nella memoria emotiva come cemento armato. Un nuovo collaboratore accolto con indifferenza svilupperà un senso di estraneità, che influenzerà poi il suo engagement per molto tempo. Va da sé che la produttività ne risentirà e le probabilità di turnover aumenteranno.

Fasi dell’onboarding che funziona – L’inserimento efficace si sviluppa in 3 fasi:

1) fase di pre-ingresso: dal momento della selezione al primo giorno. È qui che si costruiscono le fondamenta. Un welcome kit personalizzato, la postazione già pronta: piccoli gesti che fanno la differenza!

2) fase di inserimento operativo: copre i primi 90 giorni. Questa è la fase dell’affiancamento strutturato, del manuale operativo consultabile, delle check-list progressive.

3) fase di integrazione culturale: la più lunga, può durare fino a un anno e riguarda l’assimilazione dei valori dello studio. Qui entrano in gioco mentoring e feedback regolari.

Imparare guardando: il potere del modeling – La PNL ci insegna qualcosa di fondamentale: uno dei modi più potenti per apprendere è il modeling, l’imitazione di comportamenti virtuosi. Come diceva Bandura, impariamo osservando gli altri! Per un nuovo collaboratore, osservare i professionisti esperti rappresenta un’opportunità straordinaria. So già cosa state pensando: “Mario, questo è tempo sottratto al lavoro!”. Errore! È un investimento che accelera la curva di apprendimento. Il praticante che partecipa alle riunioni con i clienti apprenderà sfumature che nessun manuale potrebbe mai trasmettergli.

La leadership gentile non è debolezza – Un leader che sa accogliere il nuovo arrivato con empatia non sta mostrando debolezza, sta strategicamente massimizzando il potenziale della nuova risorsa. Questo approccio è cruciale con i Millennials e la Gen Z, che considerano l’ambiente di lavoro fattore determinante nella scelta professionale. Non è un caso che molti giovani fuggano dalle professioni verso le aziende, dove trovano percorsi di inserimento più gratificanti.

Volete trasformare il vostro processo di onboarding da “necessità fastidiosa” a “vantaggio competitivo”? Ecco alcuni strumenti:

– buddy system: affiancate al nuovo arrivato un collaboratore esperto che faciliti l’integrazione;

– manuale di onboarding digitale: raccogliete procedure e valori in formato consultabile (no, il faldone polveroso non funziona!);

– piano personalizzato: create una road map con obiettivi, traguardi e verifiche per i primi mesi.

In un mercato dove il talento è sempre più raro, un onboarding efficace rappresenta un vantaggio competitivo reale.

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