Accertamento, riscossione e contenzioso

18 Luglio 2025

Operazioni soggettivamente inesistenti: Cassazione conferma

Sono deducibili i costi da operazioni soggettivamente inesistenti se dimostrati effettivi; esclusi invece quelli oggettivamente inesistenti, anche con documentazione formale. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza 2.04.2025, n. 8716.

Sono deducibili i costi relativi alle operazioni soggettivamente inesistenti, a condizione che il contribuente dimostri l’effettività, l’inerenza e la certezza delle prestazioni; viceversa, è esclusa in via assoluta la deduzione dei costi relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti, anche in presenza di documentazione formalmente regolare.

La sentenza si inserisce nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale che distingue nettamente tra operazioni oggettivamente inesistenti e soggettivamente inesistenti ai fini della deducibilità dei costi. Nel caso analizzato, una società operante nel settore immobiliare era destinataria di plurimi avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate per gli anni d’imposta 2013 e 2014, con i quali veniva contestata la deduzione di costi afferenti a operazioni ritenute oggettivamente inesistenti e la conseguente indebita detrazione Iva. In particolare, avvalendosi dei risultati della Guardia di Finanza, l’Amministrazione Finanziaria aveva evidenziato una serie di elementi oggettivi per qualificare come fittizie le operazioni intrattenute con 2 società (Beta S.r.l. e Delta S.r.l.) ritenute prive di struttura organizzativa, personale, mezzi e inadempienti sotto il profilo contributivo e fiscale, con numerose anomalie nei versamenti previdenziali e nell’emissione delle fatture.

La società contribuente aveva eccepito in primo grado l’effettiva esecuzione delle prestazioni e la validità formale delle fatture emesse, ottenendo ragione dalla C.T.P.: tuttavia, la decisione era stata integralmente riformata in appello dalla C.T.R. della Lombardia che aveva accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate, ravvisando l’inesistenza oggettiva delle operazioni. Infine, nel terzo grado di giudizio, la Suprema Corte ha confermato la decisione di secondo grado, ribadendo che l’onere della prova ricade inizialmente sull’Amministrazione Finanziaria, la quale può avvalersi di presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti per dimostrare l’inesistenza oggettiva delle operazioni e che, successivamente, spetta al contribuente dimostrare con elementi sostanziali, e non meramente formali, l’effettiva esistenza delle prestazioni. I giudici di legittimità hanno chiarito che la mera produzione di fatture regolari, scritture contabili e mezzi di pagamento non è idonea a superare la presunzione di inesistenza oggettiva qualora l’Amministrazione abbia comprovato che i fornitori sono società cartiere o meri prestanome. La Corte ha ribadito il principio secondo cui l’art. 14, c. 4-bis L. 537/1993 (così come modificato nel 2012), consente la deducibilità dei costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, anche qualora il contribuente sia consapevole del meccanismo fraudolento; tuttavia, la deducibilità è subordinata al rispetto dei requisiti generali di effettività, inerenza e certezza del costo. Viceversa, in caso di inesistenza oggettiva (ossia quando la prestazione non ha avuto alcuna reale esecuzione) il costo resta definitivamente indeducibile, non potendo trovare ingresso nel calcolo del reddito d’impresa né ai fini Iva, anche in presenza di una formale documentazione contabile.

Alla luce della pronuncia della Cassazione, si consolida ulteriormente la necessità per il contribuente di fornire una prova concreta e sostanziale della realtà economica delle operazioni al fine di legittimare la deducibilità dei costi in caso di contestazioni per fatture soggettivamente inesistenti. La Corte fornisce inoltre un’ulteriore conferma della centralità dell’effettività del costo come presupposto indefettibile per il riconoscimento delle deduzioni fiscali. La sentenza si pone così in linea di continuità con precedenti consolidati e rafforza l’impostazione secondo cui la tutela del contribuente è garantita solo quando vi sia la possibilità di dimostrare la reale esecuzione delle prestazioni, escludendo ogni rilevanza agli elementi meramente formali in caso di operazioni che non hanno avuto riscontro nella realtà economica. È quindi centrale predisporre una documentazione completa e sostanziale dell’effettiva esecuzione delle prestazioni, nonché adottare tutte le cautele possibili nella selezione dei fornitori, al fine di evitare contestazioni difficilmente superabili in sede contenziosa quando venga accertata l’inesistenza oggettiva delle operazioni.

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