Diritto del lavoro e legislazione sociale
03 Settembre 2025
Per quadri e dirigenti l’orario non segue i criteri rigidi previsti dal D.Lgs. 66/2003: la disciplina punta sulla qualità del contributo e sulla responsabilità, garantendo flessibilità e tutela della salute.
L’orario di lavoro rappresenta un elemento cardine del rapporto di lavoro subordinato, poiché incide direttamente sulla retribuzione e sulla tutela della salute del lavoratore. L’art. 36 Cost. prevede che la retribuzione sia proporzionata alla quantità e qualità del lavoro, mentre il D.Lgs. 66/2003 stabilisce regole generali su durata massima settimanale, riposi e lavoro notturno. Per la generalità dei lavoratori subordinati tali regole trovano piena applicazione. Tuttavia, per quadri e dirigenti la disciplina è diversa, poiché le loro funzioni implicano elevata autonomia e responsabilità, che rendono difficilmente predeterminabile l’orario.
L’art. 2095 c.c. distingue i prestatori in dirigenti, quadri, impiegati e operai. Il dirigente ha poteri decisionali e gestionali, anche su un ramo autonomo dell’azienda, e gode di trattamenti derogatori sul piano normativo ed economico. I quadri, invece, ai sensi dell’art. 2, c. 1 L. 190/1985, pur non essendo dirigenti, svolgono funzioni di rilevante importanza per lo sviluppo e l’attuazione degli obiettivi d’impresa. Essi si collocano in posizione intermedia, con requisiti individuati dalla contrattazione collettiva.
L’art. 17 D.Lgs. 66/2003 esclude quadri e dirigenti dall’applicazione di numerose disposizioni sull’orario: 40 ore settimanali, tetto massimo di 48 ore, straordinario, riposo giornaliero, pause, lavoro notturno. Restano garantiti ferie e riposo settimanale, nel rispetto della salute e sicurezza. Ne consegue una disciplina più flessibile, che lega la valutazione al risultato piuttosto che alla quantità di ore lavorate.