Diritto del lavoro e legislazione sociale
10 Settembre 2025
La rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) consente di smettere di lavorare fino a 5 anni prima senza penalizzazioni. Uno strumento flessibile, ma da programmare con intelligenza.
Nel sistema pubblico, le possibilità di uscita anticipata sono sempre più rare e incerte: i trattamenti sperimentali vengono prorogati di anno in anno e spesso comportano penalizzazioni pesanti sul calcolo della pensione. In sintesi: o si accetta il ricalcolo contributivo con assegni ridotti, oppure bisogna avere una carriera lunghissima alle spalle, fatta salva l’appartenenza a categorie particolarmente tutelate, nelle quali però è difficile rientrare.
Con la previdenza complementare, invece, c’è un’alternativa concreta e accessibile a tutti gli iscritti: la Rita (rendita integrativa temporanea anticipata, art. 11, c. 4 D.Lgs. 252/2005) consente infatti di ottenere, se si smette di lavorare e non mancano più di 5 anni alla pensione di vecchiaia (oggi conseguibile a 67 anni), un assegno periodico. Questo assegno, di fatto, accompagna il lavoratore dai 62 anni di età sino al pensionamento vero e proprio. In caso di inoccupazione superiore a 2 anni, poi, l’assegno può spettare con un anticipo massimo di 10 anni rispetto all’età per la vecchiaia, quindi dai 57 anni. Ma procediamo con ordine.
Rita: che cos’è e come funziona – La Rita, nel dettaglio, non è una vera e propria pensione, ma è un’erogazione frazionata del capitale accumulato nel fondo pensione.