Diritto del lavoro e legislazione sociale

03 Maggio 2025

Periodo di comporto e contrattazione collettiva

Con ordinanza n. 463/2025, la Cassazione ha affermato che una previsione di un Ccnl che modifica la durata del periodo di comporto è coerente con i principi dell’art. 2110 c.c. e quindi non legittima il licenziamento della parte datoriale.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza di cui all’oggetto, si è espressa sulla compatibilità con l’art. 2110 c.c. della previsione contenuta in un Ccnl che modifica il periodo di comporto; nel caso specifico, sotto la lente degli ermellini sono passati gli artt. 1 e 2 del Ccnl Metalmeccanica Industrie che prevedono che, in caso di malattia professionale, sarà conservato il posto di lavoro “per un periodo pari a quello per il quale il lavoratore percepisca l’indennità per inabilità temporanea previsto dalla legge” ed in caso di infortunio “fino alla guarigione clinica comprovata con rilascio del certificato medico definitivo da parte dell’Istituto assicuratore”.

In proposito, l’ordinanza chiarisce, senza dubbio, che il contratto in questione, “nel caso della malattia, ricolleghi la regolamentazione del comporto non ai presupposti stabiliti dall’ordinamento per il risarcimento del danno e l’esistenza della responsabilità civile del datore di lavoro, bensì alla esistenza dei diversi presupposti (oggettivi e soggettivi) previsti in ambito Inail ai fini dell’erogazione della mera indennità per inabilità temporanea”; pertanto, ai fini del comporto, è sufficiente che esista soltanto l’origine professionale della malattia e che essa sia correlata alla prestazione lavorativa secondo le regole dell’assicurazione obbligatoria, a prescindere dall’eventuale responsabilità del datore di lavoro ex art 2087 c.c.. L’erogazione della sola indennità assicurativa a opera dell’Inail, infatti, è dovuta persino nell’ipotesi di colpa esclusiva del lavoratore, salvo il dolo e il rischio elettivo (si veda, ad esempio, Cass. sentenza n. 24474/2020).

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