IVA
03 Maggio 2025
Come gestire correttamente lo scambio di beni tra imprese UE: adempimenti Iva, documentazione e casi pratici.
La permuta di beni tra imprese di diversi Stati membri UE rappresenta un’operazione dalla duplice natura fiscale che richiede particolare attenzione. L’art. 1552 c.c. la definisce come “il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro”, ma è sul piano fiscale che emergono le complessità operative.
Due operazioni, due trattamenti fiscali – Il principio cardine è stabilito dall’art. 11, c. 1 D.P.R. 633/1972: “Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate”. Questo significa che nella permuta intracomunitaria dobbiamo considerare un acquisto intracomunitario (per il bene che entra in Italia) e una cessione intracomunitaria (per il bene che lascia l’Italia).
Quadro normativo di riferimento – Sebbene il D.L. 331/1993 non contenga disposizioni specifiche sulle permute intracomunitarie, l’art. 56 stabilisce chiaramente che “per quanto non è diversamente disposto nel presente titolo si applicano le disposizioni del D.P.R. n. 633/1972”. Questo rimando normativo conferma che anche in ambito UE le operazioni di permuta devono essere trattate separatamente (esempio).
Base imponibile: attenzione al valore normale – Un aspetto cruciale riguarda la determinazione della base imponibile. L’art. 13, c. 2, lett. d) D.P.R. 633/1972 stabilisce che, per le permute, la base imponibile è costituita “dal valore normale dei beni e dei servizi che formano oggetto di ciascuna di esse”. Questo significa che, anche in assenza di corrispettivo monetario, occorre valorizzare correttamente i beni scambiati.