Accertamento, riscossione e contenzioso

07 Ottobre 2025

Persiste il disordine concettuale della Cassazione in tema di inerenza

La Cassazione, con l’ordinanza 29.09.2025, n. 26312, è tornata a pronunciarsi sull’inerenza, riconducendola a unitarietà concettuale nel comparto delle imposte sui redditi e nell’Iva, e persistendo a prospettare un confuso legame tra inerenza e antieconomicità.

Il giudice di Cassazione, con l’ordinanza n. 26312/2025, rigetta il ricorso del contribuente, rappresentando come, secondo la giurisprudenza della Corte, il principio di inerenza, pur con le dovute precisazioni derivanti dall’indirizzo della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE per il tributo armonizzato, vada inteso come unico per le imposte dei redditi e per l’Iva (Cass. 17.07.2018, n. 18904). Esso deriva dalla nozione di reddito d’impresa e non dall’art. 109, c. 5 del Tuir che riguarda il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili (Cass. 11.01.2018, n. 450) ed è espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera a essa estranea. Il principio dell’inerenza, quindi, si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico (o di vantaggio economico) ovvero quantitativo, per cui “il costo attiene o non attiene all’attività d’impresa a prescindere dalla sua entità” (così espressamente, in motivazione, Cass. n. 17904/2018).

La Cassazione dopo aver rappresentato il principio sulla base delle prerogative sopra esposte insiste ad aggiungere: “Peraltro, secondo il medesimo orientamento (si veda sempre la motivazione di Cass., n. 18904/2018), il giudizio quantitativo o di congruità non è del tutto irrilevante, collocandosi, invece, su un diverso piano logico e strutturale rispetto al giudizio di inerenza.

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