Estero
21 Agosto 2025
L’Agenzia delle Entrate, con risposta 11/2025, chiarisce le metodologie per il corretto monitoraggio fiscale e l’applicazione dell’IVAFE in assenza di quotazioni derivanti dai mercati regolamentati.
Le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici residenti in Italia che detengono investimenti all’estero, attività finanziarie o cripto-attività suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia hanno un duplice obbligo: dichiarativo e di versamento.
L’obbligo dichiarativo, noto come monitoraggio fiscale, è disciplinato dall’art. 4, c. 1 D.L. n. 167/1990 e approfondito con la circolare 38E/2013. Questo obbligo impone ai contribuenti italiani di indicare nella dichiarazione dei redditi gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero (Quadro RW del PF e quadro W del Mod. 730).
L’obbligo di versamento, invece, è l’imposta IVAFE (Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero), introdotta nel 2012 dall’art. 19, c. 18, n. 1 D.L. n. 201/2011. L’IVAFE si applica sul valore dei prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio detenuti all’estero.
L’art. 19, c. 18-bis D.L. n. 201/2014 ha collegato esplicitamente l’obbligo di versamento IVAFE a chi è soggetto agli obblighi di monitoraggio fiscale creando un legame indissolubile tra le due normative ed ecco perché quando si parla delle due basi imponibili queste hanno le medesime criticità.
I maggiori ostacoli operativi, infatti, riguardano la determinazione del valore degli investimenti esteri e lo stato di riferimento quando sono presenti gestori con sede diversa rispetto alla localizzazione del titolo.
Per i titoli quotati l’importo è determinato in base al valore di quotazione sul mercato regolamentato alla data del 31 dicembre di ciascun anno. Nel caso, invece, le partecipazioni siano rimaste a disposizione del contribuente per periodi inferiori all’anno, si prenderà il valore risultante al termine del periodo di possesso. Si usa il termine detenzione, è bene ricordare, perché obbligato non è solo il proprietario, ma anche chi può utilizzare effettivamente le somme.
Per i titoli non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, comunque, nei casi in cui le attività finanziarie quotate siano state escluse dalla negoziazione bisogna fare riferimento al valore nominale o, in sua assenza, al valore di rimborso, anche se rideterminato ufficialmente. In mancanza di entrambi entra in gioco il costo di acquisto.
La risposta n. 11/2025 dell’Agenzia ribadisce quanto già indicato in passato nella circolare n. 28E/2012 e fornisce un criterio univoco per la compilazione della dichiarazione ai fini del monitoraggio fiscale e il corretto assolvimento dell’imposta patrimoniale sulle attività estere non quotate che prevede 2 step:
– determinare il valore imponibile ai fini IVAFE facendo riferimento al costo di acquisto delle quote;
– indicare tali dati nel quadro RW del modello Redditi PF o quadro W del Mod. 730.
Inoltre, la citata risposta chiarisce che in caso di differenza di localizzazione tra i titoli e il fondo armonizzato, si deve fare riferimento al codice dello Stato in cui è istituito il fondo, non a quello di stabilimento della società di gestione.