Accertamento, riscossione e contenzioso

14 Luglio 2021

Prescrizione in 10 anni per i crediti erariali definitivi

Le indicazioni della Cassazione (ord. 23.03.2021, n. 8120) e della Commissione tributaria regionale del Lazio (sentenza n. 2097/9/2021) sul tema.

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Il diritto di riscossione di un credito erariale, divenuto definitivo per omessa impugnazione dell’atto presupposto, si prescrive nel termine ordinario decennale di cui all’art. 2946 C.C. Così si pronuncia sia la Corte di Cassazione con l’ordinanza 23.03.2021, n. 8120, che la C.T.R. del Lazio, sentenza n. 2097/9/2021.

Un contribuente impugnava l’intimazione di pagamento relativa a una cartella di pagamento per Irpef e addizionale regionale Irpef inerente all’anno di imposta 2000.

Il ricorso del contribuente è stato accolto in primo grado ritenendosi prescritta la pretesa tributaria. La C.T.R. confermava la sentenza impugnata e affermava che “agli atti di riscossione coattiva comunque denominati si applica la prescrizione breve”. Il giudice regionale ha rilevato che non vi è stato alcun accertamento giudiziale definitivo tra la cartella non pagata, notificata in data 12.11.2004 e l’intimazione di pagamento notificata il 17.10.2014, con la conseguenza che deve ritenersi prescritto il diritto azionato dall’agente della riscossione oltre il termine di prescrizione quinquennale.

Avverso la predetta sentenza, l’Agenzia propone ricorso per Cassazione affidandosi al seguente motivo: per il Fisco la C.T.R. ha fatto un’erronea applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza 23397/2016, poiché il termine di prescrizione deve comunque ricollegarsi alla natura del credito. Il credito, ormai cristallizzato a seguito della definitività dell’atto impositivo, va riscosso nel termine ordinario di 10 anni. Secondo consolidata interpretazione della Corte, il credito erariale per la riscossione dell’imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto all’art. 2948, n. 4, C.C. “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 C.C., in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova e autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivo.

Pertanto, i crediti di imposta sono, in via generale, soggetti alla prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 C.C., a meno che la legge disponga diversamente (come, ad esempio, l’art. 3, c. 9 L. 335/1995, per i contributi previdenziali) e, in particolare, che i crediti Irpef, Iva, Irap e imposta di registro sono soggetti alla prescrizione decennale, non producendosi alcuna riduzione dell’ordinario termine di prescrizione proprio del credito solo per il fatto della iscrizione a ruolo e emissione della cartella (Cass. 9906/2018; 19969/2019; Cass. 12740/2020). Sono invece soggette alla prescrizione quinquennale le sanzioni, ai sensi dell’art. 20, D.Lgs. 472/1997 che, peraltro, non si applicano agli eredi secondo quanto dispone l’art. 8 D.Lgs. 472/1997 (Cass. 19988/2019). Per quanto riguarda gli interessi, gli stessi rimangono sottoposti al proprio termine di prescrizione quinquennale come fissato dall’art. 2948, n. 4 C.C. decorrente dalla data in cui il credito principale è divenuto esigibile.

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