Accertamento, riscossione e contenzioso
09 Settembre 2025
La Cassazione ribadisce che l'intimazione di pagamento, ove non fosse impugnata, cristallizza il credito fiscale rendendo la pretesa impositiva definitiva ancorché fosse maturata la prescrizione prima della notifica dell’atto.
La sentenza della Cassazione 21.07.2025, n. 20476, in linea di continuità con precedenti sentenze della Cassazione, inclusa la sentenza 11.03.2025, n. 6436, ha riaffermato il principio fondamentale in materia tributaria che considera assimilabile al vecchio “avviso di mora” l’intimazione di pagamento effettuata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
L’art. 50 D.P.R. 602/1973, che introduce nell’ordinamento l’intimazione, infatti, è indubbiamente assimilabile all’avviso di mora di cui all’art. 46 del medesimo D.P.R., nella sua versione antecedente al D.Lgs. 46/1999. Entrambi, infatti, prevedono che l’esattore debba notificare un avviso prima dell’espropriazione forzata, contenente l’indicazione del debito e l’invito a pagare entro 5 giorni. L’attuale art. 50 al c. 2 aggiunge che l’intimazione deve essere notifica al debitore se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento. Ergo, anche l’intimazione di pagamento rientra nel novero degli atti tassativamente elencati dall’art. 19 D.Lgs. 546/1992 e conseguentemente ha il potere di cristallizzare il credito fiscale ove non fosse impugnata nei termini decadenziali. Cosicché il contribuente passivo avrà preclusa la possibilità di eccepire anche la prescrizione compiutasi anteriormente all’atto di intimazione.