Consulenza aziendale, commerciale e marketing
19 Luglio 2025
C’è un momento nella vita di ogni agente o consulente in cui si ritrova davanti a una domanda semplice ma micidiale: “Ma quanto lo faccio pagare?”. Può essere la parcella o il compenso richiesto al proprio cliente o una cifra da stabilire per una trattativa di compravendita.
Quando si definisce un prezzo, scene diverse ma ugualmente familiari si ripetono: qualcuno prende carta e penna, altri vanno a sbirciare cosa fa la concorrenza, altri ancora consultano Google o ChatGPT digitando “Quali sono le tariffe 2025 nel tal settore?”. E poi, alla fine, spesso si sceglie un prezzo “di buon senso”, cioè totalmente arbitrario.
Sia chiaro: non è colpa di nessuno. In Italia, parlare di prezzo è ancora un po’ come parlare di soldi a cena con i suoceri. Si può fare, ma meglio non scendere troppo nei dettagli. Eppure, il prezzo non è una questione tecnica. È una leva strategica, commerciale e anche psicologica. E da come lo usiamo si capisce se stiamo guidando il nostro business… o lo stiamo inseguendo. E pure in affanno.
Il riflesso condizionato più diffuso è questo: non vendo abbastanza, abbasso il prezzo. E se le vendite calano, ecco che “decolla” lo sconto. Però il volo è destinato a finire presto e non in maniera felice.
Vi cito un esempio personale, non certo statisticamente ineccepibile, ma comunque significativo. Io vivo in un Comune di 35.000 persone e negli ultimi anni, tra le altre, sono fallite 3 attività: un bar, una rivendita di cialde per caffè, un negozio di abbigliamento. Avevano una caratteristica comune: hanno iniziato a fare sconti per attirare clienti. Poi altri ribassi (saldi, promozioni offerte) caratterizzati solo dallo sconto. Infine, hanno chiuso. Ora sono stati sostituiti da…. un altro bar, una nuova rivendita di macchinette e cialde per caffè, un altro negozio di abbigliamento. E questi, dopo alcuni anni, stanno prosperando: come hanno fatto? Il bar ha alzato il prezzo del caffè e propone anche miscele pregiate (da 2 a 7 euro per tazzina) e prodotti da forno di qualità; Il negozio di cialde ha aggiunto anche la compravendita delle macchinette per il caffè; il negozio di abbigliamento si è specializzato in taglie “comode” per uomo e per donna. Stanno andando benissimo.
Se si ritocca il listino per “essere competitivi” si ottiene solo il risultato di attrarre la clientela a caccia del prezzo più basso, si lavora di più per guadagnare meno e si entra nella classica spirale da cui è difficile uscire: più promozioni, meno margini, meno tempo, meno qualità, meno clienti: schianto. Conosco un piccolo studio di consulenza che, in un momento di calo, ha deciso di proporre pacchetti low-cost per aumentare il giro. Per un mese, hanno lavorato il doppio. Il mese dopo, anche i clienti abituali volevano lo sconto. Stavano per finire in una spirale mortale. Per fortuna, dopo pochi mesi sono tornati ai prezzi di prima, ma con meno clienti e, forse, con meno energia e motivazione.
La verità è che non tutto ha lo stesso prezzo e non tutto deve averlo. L’alternativa? Smettere di essere confrontabili. Perché il problema non è la cifra, ma se si è identici o diversi da qualcun altro.
Se fate le stesse cose, nello stesso modo, con le stesse parole, allora sì: il cliente vi mette in fila e sceglie il più economico. Ma se costruite una proposta unica, attraente, che racconta un valore chiaro, riconoscibile, allora il prezzo diventa una conseguenza, non un problema.
Un consulente che conosco ha iniziato a proporre pacchetti consulenziali “all inclusive” con sistemi di controllo aggiornati (tipo dashboard informatizzata), promemoria con “alert” su Whatsapp e pianificazione mensile. Stesso lavoro, ma raccontato in modo completamente diverso. E sapete cosa è successo? Non ha più dovuto discutere di prezzo. Anzi: ha iniziato ad attrarre proprio quei clienti che puntano al risultato, alla qualità del servizio, non al prezzo più basso. Compenso giusto ed equo per il professionista giusto.
Allo stesso modo, non c’è un “prezzo giusto” per una consulenza, una trattativa, una polizza o un contratto. C’è il valore che riuscite a trasmettere. Quindi la domanda non è: “Quanto dovrei farmi pagare?” La domanda vera è: “Che tipo di professionista voglio essere? Quello che rincorre il mercato, o quello che lo guida”?
“Il prezzo è ciò che paghi. Il valore è ciò che ottieni” (Warren Buffett).