Diritto del lavoro e legislazione sociale
04 Luglio 2025
Firmato il 2.07.2025, il protocollo tra Governo, sindacati e parti datoriali introduce un quadro condiviso per la prevenzione degli effetti del caldo nei luoghi di lavoro. Non vincolante ma di alto profilo istituzionale, punta a integrare le tutele previste dal D.Lgs. 81/2008.
L’aumento delle temperature e la frequenza sempre maggiore di eventi climatici estremi impongono oggi un ripensamento dell’organizzazione del lavoro e delle tutele da garantire ai lavoratori. È in questa cornice che si inserisce il Protocollo quadro sul rischio climatico, firmato il 2.07.2025 presso il Ministero del Lavoro con l’adesione delle principali sigle sindacali (Cgil, Cisl e Uil) e delle rappresentanze datoriali. Si tratta di un documento non vincolante sul piano giuridico, ma dal forte impatto politico e sistemico, volto a rafforzare l’azione coordinata di prevenzione e protezione nel contesto lavorativo.
Dal quadro normativo alla declinazione operativa: il valore delle buone prassi – Il protocollo si pone in continuità con il D.Lgs. 81/2008, ribadendone l’obbligo generale di tutela, ma interviene per rafforzarne la concreta attuazione con riferimento al rischio microclimatico. L’obiettivo è duplice: da un lato, promuovere la diffusione di buone prassi e misure condivise anche attraverso contrattazione collettiva; dall’altro, stimolare l’attivazione di strumenti di monitoraggio, formazione e organizzazione del lavoro in grado di ridurre l’esposizione al rischio durante le ondate di calore.
In tal senso, il protocollo valorizza le iniziative già in atto nei diversi contesti territoriali e settoriali, incoraggiando l’istituzione di tavoli tecnici e gruppi di lavoro per declinare operativamente gli interventi più idonei. In particolare, si segnalano 4 macro-ambiti d’azione: 1) informazione e formazione, anche mediante la diffusione capillare di bollettini ufficiali (es. sito del Ministero della Salute) e l’inserimento del rischio caldo nei contenuti della formazione obbligatoria; 2) sorveglianza sanitaria, per l’individuazione dei soggetti vulnerabili e l’attivazione tempestiva di misure preventive; 3) dispositivi di protezione e abbigliamento idoneo, adattati alla specificità delle mansioni e del contesto lavorativo; 4) riorganizzazione di turni e orari, al fine di evitare le fasce orarie più critiche o modulare i ritmi in base alle previsioni meteorologiche.
Focus sul lavoro all’aperto e su quello indoor in condizioni critiche – Un passaggio particolarmente rilevante del protocollo riguarda la tutela sia del lavoro outdoor, esposto direttamente al calore, sia delle attività indoor che si svolgono in ambienti privi di climatizzazione adeguata. In entrambi i casi, il datore di lavoro è tenuto ad attivare misure tempestive di prevenzione e protezione, anche facendo leva sulle fonti informative ufficiali e ad aggiornare costantemente il Documento di Valutazione dei Rischi.
Ammortizzatori sociali e flessibilità organizzativa – Nel solco della normativa vigente, il protocollo fa espresso riferimento anche alla possibilità di utilizzare gli strumenti di integrazione salariale ordinaria (Cigo, Cisoa) in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa dovuta al caldo eccessivo. Si chiede, inoltre, che siano valorizzate misure di flessibilità, tra cui lo scomputo dei periodi di cassa integrazione in occasione di eventi climatici non evitabili.
Verifica, aggiornamento e coinvolgimento territoriale – Per garantire l’efficacia e la dinamicità del protocollo, è prevista una verifica periodica con cadenza almeno semestrale. A livello territoriale o settoriale potranno essere costituiti specifici gruppi di lavoro, con il coinvolgimento anche delle autorità sanitarie e degli enti locali, al fine di monitorare l’attuazione e aggiornare le misure sulla base dell’evoluzione climatica.
Conclusione: un modello di governance condivisa per la resilienza climatica – Il protocollo sul rischio climatico rappresenta un passo avanti significativo nella costruzione di una governance partecipata della salute e sicurezza sul lavoro. Esso non si limita a raccomandare interventi tecnici, ma promuove un cambio di paradigma nella cultura organizzativa, coniugando continuità operativa, benessere organizzativo e resilienza climatica. In un contesto di crescente imprevedibilità ambientale, si afferma così l’urgenza di integrare il rischio caldo tra le priorità della gestione del lavoro, attraverso un approccio preventivo, inclusivo e sistemico.