ETS ed Enti non commerciali

25 Marzo 2024

Ramo TS dell’ente ecclesiastico e ODV: possibile sovrapposizione?

Nonostante la disciplina del Terzo settore non sia ancora completa, e ciò rallenta la volontaria iscrizione al RUNTS, ci si domanda se un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto possa iscrivere il proprio ramo alla sezione a) come OdV, oppure alla sezione b) come APS.

Poiché le Organizzazioni di volontariato (artt. 32-34) e le Associazioni di Promozione Sociale (artt. 35 e 36) del Codice del Terzo settore godono di maggiori agevolazioni rispetto agli altri enti del Terzo settore, si registra la domanda se un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto possa iscriversi con il proprio “ramo” non alla sezione g) del Runts ma, rispettivamente, alla sezione a) o b), dopo averlo “qualificato” come OdV o APS.

Più precisamente, l’interesse a strutturare, e, dunque, trattare, il “ramo” dell’ente ecclesiastico come OdV o APS non è dato dalle attività che possono essere svolte, poichè tutti coloro che intendono assumere la qualifica di Terzo settore (come ente a tutto tondo o come ramo) sono tenuti a operare all’interno delle ipotesi dell’art. 5 (e degli artt. 6 e 7), ma dalle più ampie agevolazioni fiscali e dal ruolo attribuito ai volontari-soci ai quali è affidato il governo dell’ente e delle attività.

Un primo elemento da considerare per affrontare la domanda è di natura formale ed è dato dall’art. 3 D.M. 106/2020 che articola le sezioni del RUNTS riservando la sezione a) e b) rispettivamente alle OdV “di cui agli articoli 32 e seguenti del Codice” e alle APS “di cui agli articoli 35 e seguenti del Codice”, e assegnando la sezione g) a “tutti gli enti del Terzo settore diversi da quelli di cui alle lettere” precedenti.
Dunque, tenuto conto che gli enti religiosi e i rispettivi rami sono disciplinati dal Codice all’art. 3, c. 4, non sembra possibile, per un ente ecclesiastico, iscriversi con il ramo di Terzo settore alle sezioni a) e b).
Questa prima considerazione potrebbe, però, essere considerata non solo formale ma formalistica e, dunque, insufficiente per escludere tale possibilità.

Il ramo di Terzo Settore o d'Impresa Sociale degli enti religiosi

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Un secondo elemento è invece sostanziale e deriva dalla pregnanza giuridica che il Codice (ma anche le precedenti normative della L. 266/1991 e della L. 383/2000) attribuiscono alla denominazione Organizzazioni di Volontariato e Associazioni di Promozione Sociale. Si tratta, infatti, di specie di soggetti giuridici di natura associativa:

  • art. 32 “Le organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre organizzazioni di volontariato, per lo svolgimento prevalentemente in favore di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati”;
  • art. 35 “Le associazioni di promozione sociale sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre associazioni di promozione sociale per lo svolgimento in favore dei propri associati, di loro familiari o di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati”.

Del pari, anche glienti ecclesiastici della Chiesa Cattolica (civilmente riconosciuti a norma dell’art. 7 dell’Accordo di Revisione del Concordato Lateranense e degli artt. 1-20 L. 222/1985) sono veri e propri soggetti giuridici, la cui disciplina è riservata all’ordinamento canonico.
Di contro non è un soggetto giuridico il “ramo TS” degli enti religiosi di cui all’art. 3, c. 4 del Codice (come pure non lo è il ramo Onlus degli enti ecclesiastici); si tratta, infatti, di una soluzione legislativa per consentire a un soggetto giuridico che non può essere di Terzo settore – l’ente religioso – di applicare le norme della Riforma solo ad alcune delle sue attività (quelle riconducibili alle previsioni degli artt. 5, 6 e 7) e ad assumerne i vincoli, purché “nel rispetto della struttura e della finalità”.

Evidenziato quanto sopra, al presente non si riesce a vedere come un “ramo di Terzo settore” costituito da un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto della Chiesa cattolica possa essere al contempo:

  • un “di cui” della persona giuridica canonica, la cui natura e struttura organica sono definite dal Codice di Diritto Canonico e non possono essere derogate;
  • un soggetto giuridico con la natura di OdV o di APS disciplinate dal Codice del Terzo settore.

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