Diritto del lavoro e legislazione sociale
24 Aprile 2025
I cittadini che si recheranno al voto l’8.06.2025 e il 9.06.2025 si esprimeranno su 5 referendum abrogativi; tra questi, il primo riguarda l’abrogazione del decreto che disciplina i licenziamenti illegittimi per i rapporti a tutele crescenti.
Tra i referendum popolari abrogativi (art. 75 Cost.) sui quali si dovranno esprimere gli elettori nelle giornate dell’8.06.2025 e del 9.06.2025, il primo mira all’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti previsto dal D.Lgs. 23/2015. La disciplina attuale prevede che, nelle imprese con oltre 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7.03.2015 non possono essere reintegrati nel loro posto di lavoro anche qualora un giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Il D.Lgs. 23/2015 ha introdotto un nuovo regime sanzionatorio per le ipotesi di licenziamento illegittimo, in sostituzione della disciplina prevista dall’art. 18 L. 300/1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori) già alquanto indebolita dalla Riforma Fornero.
Nella sentenza n. 12/2025 con cui ammette il quesito in argomento, il giudice delle leggi ricorda che l’art. 18 è stato modificato dalla L. 92/2012 che ha abbandonato il criterio della “tutela reintegratoria generalizzata”, per adottare invece un criterio selettivo ispirato essenzialmente alla gravità del vizio che affligge il licenziamento, con plurimi e gradati regimi di tutela. La tutela reintegratoria è stata limitata alle ipotesi di maggiore gravità come nel caso di licenziamento nullo o discriminatorio, ovvero in caso di licenziamento fondato su un fatto insussistente. In tale contesto è poi intervenuto il D.Lgs. 23/2015 la cui ratio era conferire certezza alla materia attraverso la previsione di parametri di calcolo diversi in base alla gravità del vizio che inficiava il licenziamento, utili al giudice per l’accertamento circa l’illegittimità del recesso, in un sistema in cui la reintegrazione rappresentava un’ipotesi residuale.
Il tema è particolarmente complesso e di difficile lettura, anche perché la disciplina originariamente delineata dal D.Lgs. 23/2015 risulta oggi ampiamente modificata, da successivi interventi del legislatore e, soprattutto, della Corte Costituzionale (per approfondire sent. nn. 194/2018; 150/2020; 59/2021; 125/2022; 183/2022; 7/2024; 22/2024; 44/2024; 128/2024; 129/2024; ord. n. 155/2024) che hanno determinato un sostanziale riallineamento della tutela marcatamente indennitaria prevista dal Jobs Act a quella reintegratoria dello Statuto dei lavoratori.
Tornando al referendum, il quesito in oggetto è il seguente: “Volete voi l’abrogazione del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, come modificato dal D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, dalla sentenza della Corte costituzionale 26 settembre 2018, n. 194, dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145; dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, dal D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40; dalla sentenza della Corte costituzionale 24 giugno 2020, n. 150; dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147; dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79 (in G.U. 29/06/2022, n. 150); dalla sentenza della Corte costituzionale 23 gennaio 2024, n. 22; dalla sentenza della Corte costituzionale del 4 giugno 2024, n. 128, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?”
La vittoria del “Sì” consentirebbe l’abolizione dell’intero testo del D.Lgs. 23/2015 e, pertanto, tornerebbe applicabile a tutti i lavoratori (e non solo quelli assunti prima del 7.03.2015) l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, come modificato dalla riforma Fornero. Per i promotori del referendum ciò eliminerebbe le differenziazioni tra lavoratori che svolgono le medesime attività, in ragione di una uniformità di trattamento.
Per i fautori del “No” il quesito referendario ha valenza squisitamente politica, considerato che dai dati Inps negli ultimi 15 anni la probabilità di essere licenziati in Italia è rimasta pressoché invariata.
Si rende semmai necessario un intervento complessivo del legislatore per una riforma organica ispirata alla necessità di coniugare la disciplina del licenziamento e le tutele da accordare al lavoratore illegittimamente licenziato con le dinamiche del mercato del lavoro, come la Corte Costituzionale ha più volte sottolineato in questi anni.