Altre imposte indirette e altri tributi
03 Ottobre 2025
La chiarezza motivazionale risulta sempre vincente, soprattutto qualora renda ragionevolmente prevedibile il costo dei trasferimenti immobiliari coattivi
Meno forma e più sostanza. La sezione tributaria della Cassazione, con l’ordinanza n. 21055/2025, ha mirabilmente trasformato in regola pratica questo vecchio adagio, fornendo agli operatori di settore (sia organi accertatori che difensori tributari) un messaggio molto utile.
Nello specifico, la vicenda nasce da un avviso dell’Agenzia delle Entrate che pretende il pagamento di qualche migliaio di euro di imposte per la registrazione di una sentenza con cui il Tribunale di Bari ha trasferito un terreno agricolo dall’erede venditore al promittente acquirente. L’acquirente nel caso di specie contesta davanti alla Cassazione la decisione dei giudici tributari pugliesi su 3 punti chiave.
Il primo aspetto riguarda la forma della sentenza di secondo grado. In pratica, il ricorrente si doleva del fatto che nella copia della sentenza mancava la data di deposito apposta a margine. Per il contribuente questo difetto annullerebbe l’intero provvedimento.
La Corte spiega però che non si tratta di un vizio decisivo, in considerazione del fatto che la Cancelleria ha comunque registrato il deposito, lo ha comunicato alle parti e così ha consentito a chiunque di impugnare nei termini di legge.
Il secondo aspetto di rilievo attiene al contenuto dell’avviso di liquidazione, ritenuto troppo scarno, in mancanza di allegazione della sentenza civile.
Anche su questo aspetto la Cassazione non concorda e anzi rammenta il principio secondo cui quando il contribuente è parte del processo da cui nasce il provvedimento tassato, l’Amministrazione non deve necessariamente far recapitare delle montagne di documenti, essendo sufficiente l’indicazione, la natura e gli estremi essenziali della sentenza (numero, data, ufficio e parti) e spiegare con quali norme e quali calcoli si è arrivati all’imposta. E sul punto controverso, nel caso in esame, le somme erano chiaramente individuate, sia per quanto riguarda l’imponibile, che per ciò che riguardava aliquota impositiva, imposta principale, tasse ipotecarie e catastali, interessi e sanzioni.
Venendo al terzo motivo di doglianza, questo verteva invece su un dato prettamente sostanziale. Il ricorrente sosteneva, infatti, che la sentenza di trasferimento era subordinata al pagamento del prezzo; quindi, l’imposta di registro doveva restare fissa finché non avesse versato il dovuto.
Anche su tale aspetto gli Ermellini demoliscono la posizione difensiva del contribuente chiarendo che il pagamento del prezzo non è una condizione sospensiva esterna, che può tenere in sospeso gli effetti della sentenza, ma è l’obbligazione principale dell’acquirente. L’effetto traslativo diventa definitivo con il passaggio in giudicato.
Se poi l’acquirente non paga, il venditore potrà chiedere la risoluzione per inadempimento, ma l’imposta è già nata in quanto, per legge, sono infatti considerati immediatamente tassabili, in misura proporzionale, tutti gli atti la cui efficacia dipende dalla volontà della stessa parte che deve pagarne il corrispettivo: qui la volontà è proprio quella dell’acquirente che decide se onorare il prezzo.
Da tutto ciò discende un principio molto chiaro stante nella considerazione secondo cui la sentenza, che sostituisce il contratto definitivo e trasferisce un immobile, è tassata con l’aliquota proporzionale anche se richiama il pagamento del prezzo.
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