Società e contratti
27 Settembre 2025
L’amministratore che compia pagamenti preferenziali a società insolventi lede l’integrità del patrimonio sociale, ma si configura anche un’ipotesi di responsabilità contrattuale nei confronti della società amministrata se compiuti in violazione dei doveri di diligenza.
L’amministratore di S.r.l., che compie pagamenti preferenziali a società a lui riconducibili, anziché compensare i reciproci debiti e crediti, perseguendo un interesse contrario a quello della società amministrata, per favorire se stesso, per il tramite delle altre società a lui direttamente riconducibili, può essere convenuto in giudizio dal curatore del successivo fallimento con azione di responsabilità previsto dall’art. 146 L.F., per la violazione dei doveri che su di lui incombono quale amministratore della società fallita.
La Suprema Corte, con ordinanza 27.08.2025, n. 23963, ha chiarito che la compensazione o il pagamento di debiti sociali non è un atto sempre lecito e dovuto, in assenza di ipotesi di insolvenza, potendo costituire una causa suscettibile di determinare una lesione del patrimonio sociale, quando gli atti rappresentino una violazione dei doveri di lealtà e diligenza che incombono sull’amministratore, come nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, in cui l’amministrazione aveva provveduto a pagare i debiti esistenti tra la società amministrata e le società a lui riconducibili, anziché compensare i relativi debiti con i crediti in essere a favore della società amministrata, rimasti poi inadempiuti per l’insolvenza delle altre società.
Il fallimento in ragione della legittimazione cumulativa, che è pacificamente riconosciuta al curatore che esercita l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore, può agire contestualmente sia per far valere ipotesi di responsabilità contrattuale, dovute alla violazione dei doveri imposti dalla legge o dall’atto costitutivo, sia per responsabilità extracontrattuale per la lesione dell’integrità del patrimonio sociale.
La pronuncia sopra richiamata non ha ritenuto condivisibile le contestazioni dell’amministratore, secondo cui un pagamento può essere considerato preferenziale soltanto se lo stesso sia stato eseguito in presenza di un’acclarata e permanente situazione d’insolvenza della società, momento in cui nascerebbe l’obbligo per l’amministratore di non pagare più i propri creditori. Infatti, ha ritenuto la Corte, che la deliberata scelta di appropriarsi, a mezzo della società creditrice, delle risorse economiche della società amministrata, viola i doveri di lealtà e di diligenza qualificata e gli obblighi di astenersi dal compiere azioni in conflitto di interessi, indipendentemente dalla situazione di insolvenza sociale.
Non può infatti dubitarsi che l’amministratore di una società sia tenuto ad agire (giusto il disposto degli artt. 2476 e 1176 c.c.) con la diligenza dovuta in ragione della natura dell’attività svolta e senza incorrere in conflitto di interessi con la società che amministra, con la conseguenza che, da un lato integra illecito di cui all’art. 2476 c.c. il fatto che l’amministratore abbia fatto prevalere un interesse extrasociale (incompatibile con quello della società), che sia stato per la società amministrata pregiudizievole, operando senza tener conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta analoga a quella adottata, nonché nella diligenza mostrata nell’apprezzare i margini di rischio connessi all’operazione.
L’insindacabilità delle scelte di gestione non esclude la responsabilità contrattuale nei confronti della società tutte le volte in cui l’operazione intrapresa dall’amministratore sia stata caratterizzata da irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà palese.
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