Finanza e banche

22 Febbraio 2024

La responsabilità della banca per incauto finanziamento

A fronte di una richiesta di finanziamento la banca è tenuta a effettuare una valutazione del merito creditizio del richiedente.

Il Testo unico bancario (TUB) sancisce espressamente l’obbligo di adeguata verifica del merito creditizio in relazione ai rapporti di credito instaurati con consumatori (artt. 124-bis e 120-undecies TUB). Si ritiene tuttavia che tale obbligo sussista anche in relazione al credito alle imprese. E infatti, con particolare riferimento alle imprese o gruppi di imprese, gli istituti devono acquisire i bilanci (individuali e, se disponibili, consolidati), le altre informazioni desumibili dalla Centrale dei Bilanci e ogni altra informazione, significativa e rilevante, per valutare la situazione aziendale attuale e prospettica dell’impresa. La banca è quindi tenuta ad effettuare le seguenti due tipologie di analisi:

  • l’analisi qualitativa: ha a oggetto la storia dell’impresa, la validità del progetto imprenditoriale, gli assetti proprietari, l’esame della situazione del settore economico di appartenenza, situazione dei mercati di sbocco e di fornitura, e ogni ulteriore elemento relativo alle prospettive di crescita dell’impresa;
  • l’analisi andamentale: consiste invece nel monitoraggio costante delle esposizioni, del trend delle controprestazioni, della raccolta di eventuali segnalazioni ai SIC e ogni cambiamento della situazione economico-patrimoniale desumibile anche dalle informazioni della Centrale dei Rischi.

La violazione dei primari doveri da parte dell’istituto genera responsabilità da inadempimento. Appare più corretto parlare di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., in quanto l’inadempimento si consuma prima dell’assunzione delle rispettive obbligazioni.
La mancata o negligente verifica del merito creditizio, infatti, attiene ad un momento anteriore rispetto alla concessione del credito. Si ravvisa, invece, una tipica responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. nel caso in cui venga imputata alla banca la prosecuzione di un finanziamento in corso. In entrambi i casi, si tratta di responsabilità da inadempimento di un’obbligazione preesistente intercorrente tra soggetti determinati, e non extracontrattuale. La giurisprudenza è intervenuta sul punto classificando tale responsabilità come responsabilità di tipo contrattuale da “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c., da cui derivano, a carico delle parti, reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, giusta gli artt. 1175 e 1375 c.c. (cfr., per tale ricostruzione, Cass. ord. 14.09.2021, n. 24725; Cass., ord. 30.06.2021, n. 18610; Cass. 12.07.2016, n. 14188; seguita da Cass. 25.07.2018, n. 19775).

In conclusione, posto che l’obbligo di agire secondo buona fede anche nelle fasi preliminari alla stipula del contratto ex art. 1337 c.c. ha valore di clausola generale e non tassativa, a tale norma può essere ricondotta anche la stipulazione di un contratto di finanziamento c.d. abusivo che si inserisca nella serie causale eziologicamente ricollegata al danno subito dall’altro contraente. Ne deriva che si applica alla concessione abusiva di credito la disciplina dell’art. 1218 c.c., quanto a:

  • onere della prova (favorevole al creditore danneggiato dal momento che è il debitore a dover provare che l’inadempimento è scaturito dall’impossibilità di eseguire la prestazione per causa a lui non imputabile);
  • termine di prescrizione (decennale, in luogo del più breve termine quinquennale previsto per la responsabilità extracontrattuale).

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