Revisione e controllo
08 Aprile 2025
La riformulazione dell’art. 2407 c.c., lodevolissima per il principio ispiratore, appare foriera di possibili effetti paradossali: il testo, infatti, lascia aperti pericolosi spazi interpretativi.
Forse si tratterà di sottigliezze terminologiche, ma resta il fatto che non è fuori luogo una discussione sul tema dei parametri in base ai quali i sindaci delle società rispondono per i danni cagionati: la lettura della norma (art. 2407 c.c.), infatti, suggerisce due possibili interpretazioni.
Occorre, dunque, chiamare in causa l’etimologia, analizzando il significato della parola “scaglione”, che ha una duplice declinazione: la prima, traducibile in “ciascuno dei gruppi in cui è diviso un insieme”; la seconda, prettamente fiscale, ossia l’imposta “a scaglioni”, ossia un tributo con aliquote diverse, in vario modo commisurate alla differente entità dell’oggetto. Il termine individua, inoltre, una modalità di attuazione della progressività nell’imposta personale sul reddito (progressività per scaglione).
Ciò premesso, cosa intendeva il legislatore scrivendo che “… omissis … i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l’incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso”?