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12 Giugno 2025
A oltre 20 anni dalla pubblicazione del libro “La rivoluzione delle reti” credo sia lecito interrogarsi su come ancora oggi un certo tipo di economia solidale sia da un lato ancora più che mai attuale e dall’altro, per molti versi, mantenga un carattere per certi versi utopistico.
Scriveva il filosofo brasiliano E.A. Mance nel 2003: “Di fatto, un altro mondo è già in costruzione, grazie alla collaborazione solidale di milioni di persone che, in tutto il mondo, si organizzano in favore della pace, della giustizia sociale, dei diritti umani della promozione di modelli di sviluppo ecologicamente corretti, giusti e sostenibili, che assicurino il “bem-vivir” di tutte le persone, promuovendo le libertà pubbliche e private piuttosto che gli interessi del profitto”.
Nonostante i 2 decenni trascorsi, ancora oggi nel contesto socioeconomico la frase suscita al tempo stesso meraviglia e scetticismo. Meraviglia perché, soprattutto grazie alla ferma convinzione che traspare, è possibile comprendere che dietro i cupi risvolti dell’omologazione, esiste ed è in fermento una società che reagisce e cerca di cambiare il corso delle cose; scetticismo perché, purtroppo in passato, molti si sono persi rincorrendo l’utopia del mondo perfetto, tanto giusto e rispettoso quanto distante dalla realtà.
Con un filo di pragmatismo si potrebbe pensare che il vero interrogativo per l’impresa sia ancora rappresentato dalla verifica individuale, dall’esame dei fatti che confermano la teoria, con lo scopo di coinvolgere nella nuova filosofia economica ogni attore e convincerlo delle possibilità concrete di questa impostazione culturale, sociale, commerciale, produttiva, finanziaria.