IVA

09 Luglio 2025

Reverse charge e subappalto: quando l’Iva diventa un campo minato

Nell’edilizia, l’Iva non è mai solo una tassa rappresentando spesso l’epicentro di verifiche, errori formali e responsabilità incrociate.

Con la sentenza 8.02.2025, n. 3225 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha tracciato con nettezza i confini della legittima applicazione del reverse charge nel settore edile e lo ha fatto ponendo l’accento, non solo sulla sostanza economica dell’operazione, ma anche sulla forma della fattura, ritenuta decisiva per la detraibilità dell’Iva.

Traendo spunto da un contenzioso generato da un subappalto edilizio, la Corte affronta i nodi di fondo che ancora oggi rendono incerto il perimetro delle responsabilità tra prestatore e committente, con risvolti tutt’altro che marginali per imprese, consulenti e difensori.

Il cuore della pronuncia è chiaro: quando si parla di reverse charge, il rispetto delle formalità non è una mera facoltà o una opzione marginale. La detrazione dell’Iva non è ammessa se la fattura è incompleta, ambigua o, peggio, priva degli elementi essenziali richiesti dall’art. 21 D.P.R. 633/1972. L’elemento di maggior rilievo rimane sempre la mancanza dell’indicazione chiara della prestazione, ovverosia natura, qualità, quantità e soprattutto, nei servizi, la data di esecuzione o ultimazione dell’operazione.

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