IVA
23 Maggio 2025
La Corte di Cassazione, con la sentenza 21.02.2025, n. 4663, torna a essere investita, sia pure per questioni più tipicamente processuali, sull'inerenza, sia sotto il profilo delle imposte sui redditi, sia sotto il profilo dell’Iva.
Il passo cui ricorre il giudice di Cassazione è ormai noto “l’incongruità e l’antieconomicità della spesa, sul piano probatorio, assumono rilievo come indici sintomatici della carenza di inerenza pur non identificandosi con essa”. Dell’equivocità di tale passo si è già più volte scritto, dal momento che se un “fatto indice” è sintomatico del mancato riscontro di un presupposto, esso non può non concorrere in qualche modo alla sua identità legale.
Se, quindi, l’interazione funzionale tra un costo abnorme e la misura di sinergia utile che esso riversa nell’operatività dell’impresa lo rende sintomaticamente non inerente, è perché il principio dell’inerenza nel suo paradigma concreto ritrae dalla congruità del rapporto costi-benefici la relativa configurazione strutturale.
L’abnormità di un costo si misura necessariamente rispetto a un parametro e tale parametro non può che essere rappresentato dall’utilità del suo concorso utilitaristico-quantitativo nell’attività economica, per cui prospettare sul piano sintomatico il sillogismo costo abnorme-mancanza di inerenza, altro non può voler dire che l’inerenza di un costo si misuri attraverso la verifica del quantum di funzioni utili che esso genera nel dinamismo di mercato.