Accertamento, riscossione e contenzioso
06 Marzo 2025
L'errata imputazione temporale di costi o ricavi può determinare sanzioni per dichiarazione infedele. La normativa distingue tra violazioni con e senza danno per l’Erario, prevedendo sanzioni ridotte in alcuni casi.
L’errata attribuzione temporale di un costo o di un ricavo all’interno di un differente periodo d’imposta può avere conseguenze differenti a seconda delle circostanze specifiche. Poiché il contribuente non ha discrezionalità nella scelta del periodo più vantaggioso per dichiarare i propri componenti di reddito (cfr. Cass. 4.03.2016, n. 4342), possono essere applicate diverse misure sanzionatorie.
La violazione in questione configura una dichiarazione infedele ai sensi dell’art. 1, c. 2 D.Lgs. 471/1997. La sanzione prevista dalla norma, nella versione antecedente al D.Lgs. 87/2024 (applicabile fino al 31.08.2024), oscillava tra il 90% e il 180% della maggiore imposta dovuta. A partire dal 1.09.2024, per effetto delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 87/2024, la sanzione è fissata al 90%, con un minimo di 150 euro.
Inoltre, ai sensi dell’art. 1, c. 4 D.Lgs. 471/1997, al di fuori delle ipotesi previste dal c. 3 (che prevede un aggravio di sanzione in caso di comportamenti fraudolenti), la sanzione per dichiarazione infedele si riduce di 1/3 qualora l’errore derivi da un’errata imputazione temporale, a condizione che il componente positivo sia già stato incluso nel reddito dell’annualità accertata o di una precedente.