Società e contratti

16 Aprile 2020

Sopravvenuti accordi tra le parti a causa della crisi da coronavirus

Possibili soluzioni da mettere in campo a tutela della situazione finanziaria del cliente.

Affiancata all’emergenza sanitaria ed economica, in seguito alla pandemia da Covid-19 sta emergendo prorompente quella giuridica. I professionisti, commercialisti e consulenti del lavoro, in primis, stanno affiancando i clienti nelle situazioni più disparate, tra cui la necessità di rivedere i contratti commerciali stipulati con i fornitori alla luce della “sopravvenuta causa di forza maggiore”, disciplinata dall’art. 1467 C.C. Per essere certi che l’epidemia Covid-19 sarà considerata una causa di forza maggiore, occorrerà attendere anni, in base alle pronunce dei giudici che saranno chiamati a valutare i singoli casi.

La casistica trattata nel presente articolo, avente ad oggetto le prestazioni corrispettive o periodiche, ben si adatta alle prestazioni professionali rese nei confronti dei clienti di studio. Il debitore comunica la sopravvenuta impossibilità di adempiere al pagamento totale degli acquisti/servizi di cui si è già ricevuta fattura; viene richiesto al cedente/fornitore di ottenere uno sconto, anche forfettario (per esempio, 10% o 20%), sul totale della fornitura o su alcune delle fatture di acquisto ricevute, con una variazione delle scadenze di pagamento, al fine di sopperire al mancato fatturato conseguente alla chiusura dell’attività, determinata dal Covid-19. In relazione a tale evento, le soluzioni possibili, ad oggi, sono le seguenti:

stipula di un nuovo contratto tra le parti, integrativo/modificativo del precedente (meglio se trasmesso via Pec, con la sottoscrizione di tutte le parti contraenti), oltre che l’emissione di una nota di credito ai sensi dell’art. 26, c. 2 D.P.R. 633/1972, da parte del cedente, con esposizione dell’imponibile e Iva e la dicitura, per esempio: “sconto incondizionato forfettario sulle fatture n. .. del… in conseguenza all’epidemia Covid-19”; trasmissione della nota di credito al Servizio di Interscambio; contabilizzazione per il cedente di un minore ricavo e per il cliente di un minore costo, nel caso di modifica del contratto nel corso dell’esercizio, oppure di una sopravvenienza qualora tale variazione avvenga in un successivo esercizio. Secondo la risposta all’interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 172/2019, tale operazione è possibile anche se si verifica oltre l’anno dall’effettuazione dell’operazione, in caso di sconto o abbuono previsto nel contratto, oppure entro un anno dall’effettuazione dell’operazione, per sopravvenuto accordo;

– l’interpello succitato n. 172/2019 richiama la possibilità, in alternativa all’emissione della nota di credito del cedente/fornitore, dell’emissione di una “nota di debito” da parte del cliente/committente, autorizzato dal fornitore/cedente; tale nota di debito, emessa fuori campo di applicazione dell’Iva (R.M. 11.07.1992, n. 530447), dovrà essere consegnata al fornitore analogica o tramite via e-mail/Pec; non dovrà essere trasmessa al sistema SdI, avendo la funzione di “rettificare, esclusivamente sul piano finanziario, il documento originario, sempre che ciò avvenga in presenza di idonea documentazione e, quindi, che le citate note si collochino in un completo e coerente quadro probatorio”;

siglare una transazione, disciplinata dall’art. 1965 C.C. Tale percorso non sempre è attuabile, poiché potrebbe venire a mancare il presupposto di una lite per un bene già consegnato o una prestazione già effettuata, qualora già fatturati; l’ordinanza della Cassazione n. 9317/2014 ha stabilito, quale periodo di competenza di un accordo transattivo, quello in cui viene sottoscritto l’accordo, essendo irrilevante il momento in cui si verificano i movimenti finanziari;

la rinuncia o remissione del debito da parte del fornitore. Pur estinguendo il credito vantato dal fornitore/cedente, la perdita conseguente rappresenta una volontà unilaterale del contratto; ne consegue l’indeducibilità ai fini fiscali. Tuttavia, è possibile considerare deducibile la perdita su crediti così originata, se si riesce a dimostrare con documentazione probatoria l’assenza di patrimonio del cliente debitore o dell’infruttuosità di eventuali procedure esecutive, come pronunciato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 11329/2001.

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