Coop
01 Agosto 2025
Secondo la Consulta, è costituzionalmente illegittima la disposizione che prevede che agli enti cooperativi che si sottraggono all’attività di vigilanza ex D.Lgs. 220/2002 si applichi il provvedimento di scioglimento per atto dell’autorità.
All’interno del complesso delle disposizioni in materia di vigilanza sugli enti cooperativi (D.Lgs. 220/2002), vengono disciplinate le conseguenze in capo alle cooperative che si sottraggono all’attività di vigilanza, attività che, come noto, deve essere condotta almeno una volta ogni 2 anni, a cura del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, oppure delle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, nei confronti degli enti cooperativi ad esse aderenti. La materia è disciplinata dall’art. 12, c. 3 D.Lgs. 220/2002, che prevede, in buona sostanza, la cancellazione dall’albo nazionale e lo scioglimento, in capo alle società cooperative che non si adoperano attivamente per sottoporsi alle revisioni periodiche previste dalla legge; in conseguenza dello scioglimento, sorge la correlata necessità di devolvere l’intero patrimonio ai fondi mutualistici.
Nelle pieghe del contenzioso avviato da una cooperativa, sono state sollevate, a cura del Consiglio di Stato, questioni di legittimità costituzionale del citato art. 12 (con riferimento specifico al secondo periodo del c. 3), in riferimento agli artt. 3, 45 e 117 Cost., questioni rimesse alla valutazione della Corte Costituzionale.
In merito al caso sottoposto, la Corte, con sentenza 21.07.2025, n. 116, ha dapprima ricordato come la sanzione in parola vada a inserirsi nel ventaglio dei provvedimenti che l’art. 12 D.Lgs. 220/2002 individua come possibili effetti della vigilanza sugli enti cooperativi, collocandosi al grado massimo di afflittività, determinando autoritativamente lo scioglimento dell’ente.
Riconoscono i giudici come, in alcune circostanze, la sottrazione all’attività di vigilanza possa rappresentare una precisa volontà di natura fraudolenta, tesa a nascondere la reale mancanza dei requisiti mutualistici; resta però il fatto che la condotta sanzionata possa risultare da ipotesi assai più ampie, riconducibili a comportamenti omissivi e soltanto negligenti, dal significato molto meno univoco.
Dovendosi ritenere applicabile, a parere della Consulta, il “principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito”, viene posto l’accento sulla presenza di altri strumenti sanzionatori più flessibili, comunque in grado di dare attuazione, in via coattiva, alla funzione pubblica di controllo; viene ricordata, in questo senso, la previsione della gestione commissariale (che determina la sostituzione dell’organo amministrativo con un commissario nominato dall’autorità di vigilanza), ritenuta applicabile in epoca anteriore all’emanazione del D.Lgs. 220/2002.
A conclusione delle proprie argomentazioni, la Corte Costituzionale, nella sentenza in parola, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, c. 3 D.Lgs. 220/2002 (Norme in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi), nella parte in cui prevede che agli enti cooperativi che si sottraggono all’attività di vigilanza si applichi il provvedimento di scioglimento per atto dell’autorità ai sensi dell’art. 2545-septiesdecies c.c., con conseguente obbligo di devoluzione del patrimonio, questione per la quale si sarebbe potuto prevedere, in luogo dello scioglimento, la nomina, a cura dell’autorità di vigilanza, di un commissario, ai sensi dell’art. 2545-sexiesdecies c.c., in sostituzione all’organo amministrativo dell’ente, limitatamente al compimento degli specifici adempimenti indicati.