Imposte dirette

07 Ottobre 2025

Spese di rappresentanza, deducibilità solo se provata l’inerenza

La Cassazione ribadisce: per i professionisti, la deducibilità delle spese di rappresentanza richiede la prova concreta della destinazione a finalità promozionali e non basta il rispetto del limite dell’1%.

Con l’ordinanza 2.10.2025, n. 26553 la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul tema della deducibilità delle spese di rappresentanza sostenute dai professionisti, chiarendo che il solo rispetto del limite quantitativo dell’1% dei compensi percepiti, previsto dall’art. 54-septies, c. 2 del Tuir, non è sufficiente a garantire la deducibilità di tali costi. Secondo la Suprema Corte, “è necessario che il professionista dimostri la destinazione delle spese a finalità promozionali dell’attività, escludendo ogni utilizzo personale”.

La questione affrontata dalla Cassazione riguarda la corretta applicazione della disciplina fiscale sulle spese di rappresentanza nel reddito di lavoro autonomo. L’art. 54-septies, c. 2 del Tuir stabilisce che “le spese di rappresentanza sono deducibili dal reddito professionale nei limiti dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta”. Tra queste rientrano anche le spese per l’acquisto o l’importazione di beni destinati a essere ceduti gratuitamente (i cosiddetti “omaggi”) e di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione, anche se utilizzati come beni strumentali per l’esercizio dell’arte o della professione.

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