Accertamento, riscossione e contenzioso
03 Maggio 2025
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38161/2024, rinnova il principio secondo cui le frodi correlate all’abuso delle agevolazioni fiscali “superbonus” costituiscono il fumus dei reati di falsa fatturazione e indebita compensazione.
Con la sentenza n. 38161/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul tema dell’abuso del superbonus e sulla generazione fraudolenta di crediti fiscali tramite fatture per operazioni inesistenti. Tali condotte, evidenzia la Suprema Corte, possono integrare i reati di emissione di fatture false e indebita compensazione, realizzando un danno tanto per l’Erario quanto per gli istituti bancari cessionari dei crediti.
Nel caso in esame, alcuni contribuenti avevano impugnato la decisione per le misure cautelari reali del Tribunale competente, che aveva accolto il ricorso del Pubblico Ministero, disponendo il sequestro preventivo impeditivo nei confronti di società coinvolte in operazioni edilizie agevolate, respingendo però la misura ablativa finalizzata alla confisca. Il giudizio ha offerto l’occasione per chiarire i presupposti giuridici e probatori del sequestro impeditivo ex art. 321, c. 1, c.p.p., e la nozione di “pertinenza al reato” in ambito di reati tributari.
Il cuore del sistema illecito risiede nella presentazione di fatture per lavori mai eseguiti, finalizzate a generare crediti d’imposta cedibili e monetizzabili, in violazione delle condizioni poste dal D.L. 34/2020 (c.d. decreto Rilancio). La Cassazione, già con la sentenza n. 42012/2022, aveva chiarito che i benefici fiscali sono subordinati all’effettiva esecuzione degli interventi edilizi nei tempi e nei modi previsti dai titoli abilitativi.